domenica 31 maggio 2009
martedì 26 maggio 2009
Astronauti Sporting Club
Astronauti Sporting Club, detto così sembra quasi il titolo di un film cubano, o magari il nome di una di quelle squadrette di quartiere dalle mirabolanti aspirazioni e dagli scarsi mezzi economici. Invece, per chi come me ha varcato già la soglia degli anta e incomincia a soccombere alle lusinghe della nostalgia, il nome acquisisce un sapore tutto particolare.
Ricordo infatti, quando sul finire degli anni settanta, uno sparuto ma agguerrito manipolo di ragazzini organizzava a via degli Astronauti e zone limitrofe epiche disfide calcistiche che, soprattutto d’estate, e con punteggi cestistici, avevano un inizio ma non una fine certa.
Il passaggio successivo di questo adolescenziale impeto sportivo fu quello sancito dal passaggio dai pali formato scardone di tufo a quelli metallici, sottolineando il salto di qualità delle nostre imprese sportive. Nasce così il New Olimpic.
Innumerevoli partite dal sapore di terra asciutta tra i denti, o di fango nelle mutande segnarono incontri, scontri e amicizie di lunga data.
Ma giunse al fine il 1984, anno in cui quegli utopici sognatori dei nostri vecchi, colsero, nel fertile humus sansebastianese dell’epoca, gli spunti per iniziare una lunga strada di crescita comune e di iniziative solidali.
Ricordo ancora quando, tassativamente, prima di cominciare una partita di calcio, all’epoca si riusciva ancora a giocare in ventidue su un campo semiregolamentare, si doveva zappettare il campo di gioco, sradicare erbacce e togliere pietre. Mentre i nostri genitori, accantonate le vicissitudini della quotidianità, si arrovellavano in riunioni fiume nelle proprie case, per la gestione di quel sogno comune, dare uno spazio degno di questo nome ai giovani di via degli Astronauti.
Sia ben chiaro, all’epoca, volendo, si poteva ancora giocare a pallone per strada, e addirittura in discesa! Ora però, la cara, vecchia e malandata via, se sei fortunato, forse, riesci solo ad attraversarla.
L’Astronauti Sporting Club, ha acquisito quindi, col passare degli anni, un valore locale, e non solo, sempre maggiore. Un punto di riferimento per le giovani generazioni e le loro famiglie, per tutti coloro che volevano vivere la comunità, mettersi a confronto, uscire al di fuori del guscio dorato delle proprie abitazioni.
Giunsero poi altri tempi dove, noi ragazzi, crescendo, volgemmo i nostri interessi altrove, dove natura vuole e serbammo nello stanzino dei ricordi i suoni, colori e sapori dell’Astronauti Sporting Club.
Oggi che siamo anche noi genitori, e talvolta ci apprestiamo a seguire le orme paterne, torniamo in questi luoghi che ci hanno visto crescere e che ora calcheranno i nostri pargoli, altrettanto ansiosi di scalciare in quel polveroso paradiso che è, e rimarrà, sempre il nostro campetto. La nostra metafora di mondo, il nostro microcosmo dei sentimenti.
lunedì 25 maggio 2009
Ironia napoletana ovvero una risata ci seppellirà
Temo che la nostra ironia, prima o poi ci si ritorcerà contro.
Allora, forse, capiremo quanto sia stato futile enfatizzare la nostra simpatia e quell'innata scaltrezza avvezza a tutti i contesti e a ogni costo presente, anche quando risulta di cattivo gusto.
Allor quando ci accorgeremo, che l'essere simpatici non basta per cavarsela sempre, e che l'esser furbi è meno utile che l'esser previdenti, allora sarà forse troppo tardi.
venerdì 22 maggio 2009
FESTE DI PIAZZA
In epoca di consultazioni elettorali non può che sovvenirmi questa splendida canzone di Edoardo Bennato. Era il 1979 e si componevano splendide canzoni e si suonava ancor meglio. Si noti nel video un irriconoscibile Tony Cercola, mitico con le sue tianelle e le sue buatte sapientemente percosse.
C’è chi si scandalizza dell’alto numero di appuntamenti elettorali nel nostro paese.
C’è chi parla di sperpero di denaro pubblico, di scarsa partecipazione attiva dell’elettorato, e così via nella lunga serie di luoghi comuni, pronti ad essere rispolverati in prossimità delle urne.
Dal canto mio, sarà l’età, ma incomincio a vederci anche qualcosa di positivo in tutta questa situazione.
Non mi riferisco certo alla festa partecipativa che offre l’incontro elettorale, e nemmeno alla partecipazione diretta, specie nelle occasioni referendarie, che le elezioni rappresentano. In effetti il callo della disillusione s’è bello che formato e va inspessendosi sempre più e non mi illudo quindi che tali appuntamenti smuovano le acque dell’italico pantano.
La cosa invece che più m’interessa e talvolta mi commuove, quando lascio libero spazio al candido bambino che è in me, è quella lena d’operosità che pervade i pubblici amministratori, esclusivamente in questi tempi di tornate elettorali. E’ bello vedere sindaci e assessori finalmente redivivi, che coscienziosi, memori della loro pubblica investitura, mettono in pratica la loro voglia di migliorare la cosa pubblica.
Ricompaiono le betoniere, gravide d’asfalto, risplende la sbiadita segnaletica orizzontale, brilla e finalmente ci illumina la pubblica illuminazione per mostrarci la retta via da seguire. Finalmente si torna a giocare a fare i grandi!
E’ probabile che sarà anche rispolverata qualche assopita concessione edilizia, lasciata lievitare, nel suo peso politico, nei cassetti dell’assessore di turno. O, ancor più facilmente si vincolerà la polizia municipale a percorrere più frequentemente talune strade rispetto ad altre, troppo ingombrate dai rifiuti dei pigri concittadini o intralciate dalle impalcature di qualche immobile abusivo. Ma è un dato di fatto, l’enfasi attuativa delle pubbliche amministrazioni conosce nelle primavere elettorali il punto di massima attività gestionale.
E’ il momento più bello, quello che ogni cittadino ricorderà per sempre, serbandone un caro ricordo per i posteri a venire. Come dimenticare immagini di saluti, sorrisi, strette di mano e pacche sulla spalla, da parte di persone che quindici giorni prima manco ti guardavano in faccia. Come non esser toccati dalla chiacchiera facile di amministratori che durante i quattro anni precedenti neanche ti ricevevano, tutto ciò mi spiazza! E poi che grandi abbuffate, i lauti banchetti offerti da candidati vecchi e nuovi. Ah! Di quelli si, devo ammettere che da ragazzo ne ho fatto incetta. Eh si che allora il mio stomaco, viscerale o figurato che fosse, ne digeriva di cose, cose che solo l’impudenza e perché no, l’imprudenza giovanile rendeva più sopportabili.
Ora che la saggezza soppianta la difficile digestione voglio accontentarmi delle piccole grandi cose di questa terra, voglio ancora illudermi, voglio credere in quelle parole, in quei sorrisi di circostanza, in quei saluti, perché, in un modo o nell’altro, sono figlio di questi luoghi e mi è stato insegnato che il saluto è dell’angelo e io cosi lo voglio leggere.
mercoledì 20 maggio 2009
martedì 19 maggio 2009
Rifiuti morali
Clicca sul titolo per un interessante link, finalmente scoprirai dov'è finita la monnezza di Napoli dell'estate scorsa. Nel frattempo altra se ne ammucchia lungo le nostre strade per la gioia dei video-dipendenti e di tutti coloro che amano le favole.
Per chi invece volesse vedere altre foto (che per non offendere oltremodo la vostra vista non paleserò) dello scempio vesuviano può visitare la seguente pagina: www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=5737
Al vedere le immagini della mia terra violentata rimango affranto ma non sorpreso. Sono mesi ormai che simili visioni guastano il mio mattutino approccio alla vita quotidiana. A Ercolano, la Benedetto Cozzolino che mi porta a Torre del Greco, dove lavoro, è ormai una discarica a cielo aperto, e le vie trasversali che portano al Vesuvio sono ancor peggio combinate. Lì infatti, ai variegati sacchetti multicolori, gai di scellerato consumismo, si sostituiscono rifiuti di più difficile smaltimento e di più recondita visione.
Ma anche altrove la situazione, come l’articolo dimostra non è migliore. Se devo soffrire nei giorni feriali infatti, ciò mi tocca anche in quelli festivi. Domenica scorsa infatti sono andato a fare una passeggiata alle Chianatelle, nel comune di Pollena Trocchia, per mostrare a mio figlio una delle due sorgenti del Vulcano. Purtroppo lo scenario pur fantastico della campagna vesuviana, nel pieno del suo fulgore, non ha potuto distoglierci dal deturpante squallore delle discariche a cielo aperto che spuntavano dalle viuzze che conducono al sentiero delle baracche.
Situazioni simili sono riscontrabili, fatte rare eccezioni, in tutto il territorio vesuviano, ma anche a Napoli e nel suo hinterland. La situazione è davvero sconfortante, deprimente, e mi si concedano i tristi termini.
Fare una raccolta differenziata, quando tutti intorno a te scaricano il loro pattume per strada, magari fuori casa tua, ti mette davanti a te stesso e alla fatidica domanda, quella che prima o poi ogni napoletano onesto si pone: ma chi mo fa fa’ ‘e vivere cà. Proprio come è accaduto sere fa, quando apostrofando un tizio che scaricava all’incrocio, giusto fuori casa mia, i suoi contenitori di polistirolo, cosa che faceva tranquillamente da svariate settimane, questi mi rispondeva: ma statte zitto e che me l’aggia tenè inta ‘a casa mia. Più edulcorata ma altrettanto triste la risposta di vigili e polizia interpellati sul da farsi: “ma se dovessimo rispondere a tutte le chiamate di questo tipo non la finiremmo più”. La loro aria di sufficienza s’è però smorzata allorquando gli ho fatto notare ribattendo con un acido rigurgito d’orgoglio: “Ah! Si, vedo che ormai in questo paese più il reato è commesso più questo resta impunito!” E in cuor mio sapevo che di denunce ne avevano ricevute ben poche.
Tutto ciò potrà sembrarvi scontatamente ingenuo, o tutt’al più una lotta contro i proverbiali alibi dei mulini a vento, però c’è gente che c’ha vinto le elezioni con la chimera della Campania ripulita, che ha rafforzato la sua posizione nei sondaggi con ipotetiche pene più aspre e severe per chi insudicia la nostra terra, e così via.
Ovunque s’è istaurato il concetto o meglio la leggenda metropolitana della Napoli ripulita dall’attuale governo, dappertutto, all’estero pure! Là dove si decantava scandalizzati l’immondizia partenopea, ora lo si fa ottimisticamente esaltando l’atto di forza del governo contro i sudici lazzari napoletani che godevano nel rivoltarsi nella loro stessa melma.
E’ talmente istaurato questo concetto che gli stessi napoletani ci credono.
La metafora del re nudo mi perseguita, nessuno lo vede, nessuno vuol vederlo. Cosa si riesce a fare per qualche favore in più, come si può scendere così in basso senza accorgersi del male che si fa a se stessi, o che si da in eredità ai propri figli. Ma chiedo allora a costoro, da dove spunta tutta sta monnezza, dov’è la raccolta differenziata e il termovalorizzatore sta funzionando? E più nello specifico l’isola ecologica di Ercolano e le sue guardie eco-zoofile esistono davvero o sono fandonie pre-elettorali. Ma sono io che mi scandalizzo facilmente o ci si sta abituando oltre che al fetore della spazzatura anche all’assurdo. Credetemi c’è da impazzire!
domenica 10 maggio 2009
Digitalis
Il termine digitalis deriva dal latino ed è relativo alle dita, alla loro forma, al loro uso.
L'uso delle dita di un famoso chirurgo che salvava la vita ai bambini e, ironia della sorte, il veleno di una pianta che assomiglia a quelle dita ne ha stroncato la vita. Accusato del più grave dei crimini, non ha retto al sommo e insostenibile contrappasso.
Molto più metaforicamente il veleno della scrofulacea purpurea mi avvicina ad un altro gioco di dita e di parole, quello tra la pianta e lo schermo, o meglio, il messaggio digitale che lo attiverà, ovvero il veleno che ammazzerà il nostro senso critico.
Non sono un amante della televisione e non ne faccio uso frequente. Riesco a viverne senza, anzi quando i miei figli me lo permettono, amo sentire il silenzio che cala e ci avvolge teneramente. E’ bello sentire il respiro di chi ti sta vicino, il vento che si insinua tra le inferriate, lo scricchiolio dei mobili che progressivamente si scaldano all’avanzar della primavera.
Amo molto la radio, sarà perché amo ancora fantasticare e soprattutto immaginare le cose, ma allo stesso tempo non sono fondamentalmente contro alcuna forma di tecnologia. Quindi, entro certi limiti, ben venga anche la televisione.
Il problema che vorrei sottoporre alla vostra attenzione, più che pratico è di principio, l’incalzare dei termini di scadenza per l’adeguamento al digitale terrestre ( per il quale, la mia regione d’appartenenza, contrariamente ad altre questioni, a mostrato notevole solerzia nell’attuazione) mi spinge al pormi delle domande.
Per tutti coloro che non si son ancora adeguati alla nuova tecnologia è destinato un periodo di oscurazione, tanto lungo quanto lo sarà la pazienza del nucleo familiare, o ci saranno delle scappatoie? Sia ben chiaro non ne faccio un problema economico, tra l’altro i prezzi dei decoder sembrano abbastanza abbordabili, ma di principio. Infatti, io che posseggo, da quando mi son sposato, circa sedici anni fa, sempre lo stesso televisore, pago per questo servizio circa 110,00 € di canone annuo, cos’accadrebbe se mi ostinassi a non omologarmi a tale scelta “epocale”? E sarei ancora vincolato al pagamento dell’iniqua tassa qualora non fossi più raggiunto dal segnale analogico?
Credo che al di là delle mode e delle necessità, ognuno di noi debba esser libero di scegliere, anche drasticamente, come il non voler veder più la televisione. Non vorrei però che si sia obbligati a farlo solo perché il canone risulterà essere l’ennesima tassa di possesso per un bene che viene talvolta ancora considerato voluttuario, dimentichi che l’informazione è un diritto costituzionale.
Lettera inviata a radio3scienza@rai.it in occasione del programma dedicato al digitale terrestre:
Buon giorno,
ho la stessa televisione da sedici anni (da quando mi son sposato), non mi sono mai adeguato ad alcun tipo di digitale terrestre o ad altro tipo di ricezione alternativo alla vecchia antenna. E tutt’ora non ne sento ancora la necessità! Mi pongo solo una domanda, cosa accadrebbe se decidessi di non comprare un decoder, sarei oscurato? E sarebbe lecito quindi non pagare più il canone RAI in tal caso? Ed infine, non sarebbe opportuno, vista la perentorietà del termine, facilitare con qualche incentivo chi non sente francamente la necessità della svolta digitale? Sia ben chiaro, il mio è discorso puramente di principio e se mi pongo il problema è perché ho una famiglia che pur con moderazione segue i programmi televisivi e in particolar modo quelli RAI.
Io, dal mio canto, campo tranquillamente a suon di radio. Grazie.
Ciro
Lettera inviata alla RAI settore canone:
Spett.le RAI,
ho saputo che la mia regione di residenza, la Campania, dal dicembre 2009 irradierà le trasmissioni televisive solo con il messaggio digitale.
Devo dire che a tal riguardo avrei alcune perplessità da porgerVi.
La prima è la seguente: il sottoscritto non ha acquistato nessun tipo di decoder digitale poiché non ne ha mai sentito e non ne sente attualmente alcuna necessità, essendo alquanto soddisfatto delle attuali trasmissioni in analogico. Mi si dice che dal prossimo dicembre il mio televisore sarà oscurato se non mi adeguerò al digitale terrestre. Ma allora per cosa pagherò il canone RAI?
La seconda perplessità è questa: ho sempre saputo che la costituzione italiana sancisce il diritto all'informazione e su questa linea tutela la libertà personale di poter scegliere quale strumento sia il più opportuno alla propria crescita civica e intellettuale. Allora Vi chiedo com’è possibile, pur pagando da sempre un canone (poi cortesemente mi spiegherete se trattasi di abbonamento o tassa di possesso!), rischiare di non usufruire più del sevizio televisivo? Mi si obbligherà a “scegliere” tra il digitale e il nulla!?
So che esistono agevolazioni per chi decidesse di adeguarsi, salomonicamente, alla svolta digitale, ma vorrei chiarire che trattasi di questione di principio e non economica. In tal caso e comunque la mia regione non ha corrisposto alla solerzia dell’attivazione quella degli incentivi.
Credo che la libertà di scelta sia fondamentale in una democrazia e porre davanti all’obbligo dell’acquisto di un decoder, per quanto economico possa essere, non mi sembra assolutamente nè giusto nè democratico, soprattutto se mi si vincolerà ancora a pagare il canone RAI.
Fiducioso di una Vostra cortese risposta, distinti saluti.
Ciro
Fredda risposta della RAI
Gentile Signore,
in seguito alla Sua comunicazione del 10/5/2009, La informiamo che l'obbligo al pagamento del canone di abbonamento alla televisione, secondo quanto disposto dall'art. 1 del R.D.L. del 21/02/1938 n. 246, sorge a seguito della detenzione di uno o piu' apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualita' o dalla quantita' del relativo utilizzo (Sentenza costituzionale 12/5/1988 n. 535 - Sentenza cassazione 3/8/1993 n. 8549).
La informiamo inoltre che il passaggio alla tecnologia digitale terrestre e' stato deciso dalla Comunita' Europea che obbliga quindi anche l'Italia a spegnere l'attuale segnale analogico entro il 2012.
Il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni ha fissato i tempi del passaggio per le varie regioni italiane. Tutte le emittenti, compresa la Rai, devono rispettare queste scadenze.
La invitiamo, per avere ulteriori informazioni relative al digitale terrestre, a visitare i seguenti siti internet:
- http://decoder.comunicazioni.it
- http://www.dgtvi.it/
Disponibili per ulteriori informazioni da richiedere al seguente indirizzo http://www.abbonamenti.rai.it/Ordinari/Scriveteci.aspx , porgiamo cordiali saluti.
Gestione Abbonamenti
mercoledì 6 maggio 2009
Horror vesuviano
L'ennesimo documentario solleva l'ennesimo polverone sul Vesuvio.
Stavolta si punta il dito sull'abusivismo edilizio e la follia dei vesuviani.
Si noti che oltre all’abusivismo c’è la subdola cultura del condono e dell’aumento delle cubature. Queste infatti non sono altro che la palese esplicitazione dell’ipocrisia e del clientelismo nostrano.
Non ho la parabola né il decoder ma vivo all’ombra del Vesuvio e mi guardo attorno senza i paraocchi dell’opportunismo.
I giornali locali avevano già accennato, a proposito dell’aumento delle cubature, alla disponibilità da parte di alcuni sindaci vesuviani tra i quali anche quello di San Sebastiano, di seguire tale linea di pensiero permettendo il completamento dei solai delle abitazioni preesistenti.
La qual cosa sembrerebbe a primo acchito aver un senso logico, infatti le ceneri eruttive sfondano i tetti, creando danni talvolta sottovalutati, e secondo il sindaco vesuviano quest’iniziativa frenerebbe ulteriori elevazioni e quindi l’abusivismo stesso.
Ma andando più a fondo ci si renderà conto che, oltre al non poter frenare una piaga quale quella dell’abusivismo, che solo i reali controlli e le reali sanzioni potranno realmente arginare, il provvedimento è in antitesi con quelli di spopolamento della zona rossa.
Infatti come ha giustamente accennato anche il presidente dell’Ente Parco Ugo Leone (così non dirà più che ce l’ho con lui!), il permettere un aumento, anche se ipoteticamente definitivo, delle cubature aumenterebbe l’afflusso di popolazione nella zona rossa di rischio vulcanico, in opposizione alle iniziative regionali di incentivazione economica al trasferimento.
Che dire poi dell’Ospedale del Mare. Già, il suo nome sembra una sberleffo alla logica, così come la sua posizione lo è al buon senso.
Magari l’avessero chiamato Ospedale del Vulcano sarebbero stati meno ipocriti.
Infatti, quello che sarà il più grande centro ospedaliero del Mezzogiorno rasenta (o come molti sostengono, rientra) nella zona rossa, con tutto quel che ne scaturisce. Anche in questo caso la sua stessa presenza e l’indotto che ne consegue, farà affluire in un una delle aree più a rischio del pianeta una massa notevole di persone, e con un piano d’evacuazione incoerente con le infrastrutture esistenti. Vi siete mai trovati sulla SS-268 in una normale giornata lavorativa? Beh, vi sarete resi certamente conto del contesto e delle sue incongruenze.
Cos’è che spinge a tanta cecità!
E’ mai possibile che in nome del profitto, del ritorno politico e dei meschini interessi privati si dimentichi la polveriera sulla quale si è seduti?
Per ulteriori informazioni:
National Geographic Italia di febbraio, pagg. 18-19
Il Mattino del 03/04/2009 – pag. 42
La Repubblica del 05/05/2009 http://napoli.repubblica.it/dettaglio/i-vesuviani-continuano-a-sfidare-il-vulcano/1628584
sabato 2 maggio 2009
Perplessità
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