domenica 30 giugno 2013

V.F.G.A.































                            

                                                  

                                        

                                              


                           

                           

                           

                            

                           

                            

giovedì 27 giugno 2013

Cronache dalla Terra dei fuochi


AFRAGOLA CRONACHE DALLA TERRA DEI FUOCHI

La cronaca di un viaggio allucinante nella terra di smaltimento dei rifiuti del benessere. La triste constatazione del fatto che nessuno vuol vedere e risolvere l'immane problema delle discariche illegali nel napoletano.




Nella nostra attitudine a voler toccar con mano le realtà che ci circondano abbiamo deciso stavolta di fare una trasferta, ci siamo recati in quella che notoriamente è conosciuta come la Terra dei fuochi. In verità, tale triste toponimo ha un'estensione geografica alquanto variabile e non credo ci siano perimetrazioni sufficienti a inquadrarlo ma è indubbio che, il basso Casertano e l'hinterland napoletano, possano, a pieno titolo, rientrare in questo sciagurato poligono della morte dai confini tanto variabili quanto letali.




Abbiamo un appuntamento fuori da Decathlon, un amico del posto, conosciuto durante Let's do it Vesuvius, ci ha parlato della sua terra e delle sue problematiche e vuole farcene partecipi. Partiamo con la sua auto e prendendo uno dei tanti raccordi che si snodano da quelle parti, andiamo in direzione di Afragola ma prima di lasciare Casoria non possiamo fare a meno di notare la baraccopoli che s'è creata sotto i ponti e le sopraelevate che conducono all'Ikea. Un contrasto indescrivibile, da vedere per credere, i nostri luoghi del consumismo, quelli del nostro usa e getta, quello che va a finire tutto lì, sotto i ponti, a delimitare le capanne e le roulotte dei rom. Non capiamo come possa essere definito degno uno stile di vita tra i rifiuti e in virtù di questi, ma allo stesso tempo non possiamo fare a meno di considerare il fatto che noi, i per così dire civili abitanti di questi luoghi, ne siamo parte integrante, i mandanti dell'assassinio del nostro territorio, in pratica una sorta di suicidio.





L'amico, giovane e impegnato sul territorio, ferma l'auto su un cavalcavia e mi mostra dall'alto il sito di stoccaggio del Cantariello, nel comune di Casoria, una collinetta, dove fino a poco tempo fa fuoriuscivano le esalazioni di biogas, quelle che tra amici definivano con l'ironico nome di geyser per la forza sprigionata, ora sembra un innocuo accumulo di terreno, delimitato da un anonimo muro; ma cosa c'è lì sotto e per quanto tempo percolerà i suoi liquami nel terreno e nella ricca falda acquifera locale? Non ci è dato saperlo e rimandiamo a chi amministra quel territorio l'amletica domanda, così come l'esplicita richiesta a non irridere la nostra intelligenza, definendo siti di stoccaggio provvisorio ciò che provvisorio non è.




Da questo luogo ci spostiamo, sorvolati da aerei di tutte le nazionalità, lungo la periferia di Afragola, percorriamo via Arena colma di rifiuti d'ogni tipo, costeggiamo la stazione dell'Alta Velocità mai terminata per il fallimento della ditta assegnataria, anche qui tante montagnelle di rifiuti, segni di roghi e lo sberleffo di un ininfluente cartello che segnala la presenza di una fantomatica videosorveglianza, - ma con quale coraggio?




Mentre doppiamo gente in carrozzella che addestra cavalli per dubbi eventi sportivi, entriamo in una rotonda nel bel mezzo del nulla, un luogo fuori dal tempo; se si alza lo sguardo si ha sensazione di vuoto, non ci sono quegli orrendi caseggiati costruiti chissà da chi e col permesso di chi ma abbassandolo veniamo stupefatti dal tappeto di rifiuti che ci accoglie. Talvolta non è facile capire quello che calpestiamo ma indossiamo per sicurezza le mascherine, le FPP1 quelle che dovrebbero proteggerci dalla maggior parte di particelle nocive e decidiamo di addentrarci in un braccio della rotonda che sfuma rapidamente in una via di campagna e che sembra essere l'enciclopedia del rifiuto. Due sono le cose che però ci colpiscono, la prima è che molta di quell'immondizia è riciclabile, parliamo principalmente di vetro e plastica; ma la secondo cosa che ci incuriosisce è che tra tanto materiale di risulta edilizio non v'è segno alcuno di eternit, pensiamo stia sotto i cumuli di copertoni o frammisto a quelli di mattonelle o di gesso per controsoffittature ma rimaniamo nel dubbio, fin quando non sentiamo un vocio di bambini festanti, ci avviciniamo, più che incuriositi, meravigliati, e scorgiamo un accampamento rom e con loro l'eternit.  




Buona parte del loro spazio vitale, se così vogliamo definirlo, era delimitato da grossi mucchi di tettoie in eternit, canne fumarie, resti di serbatoi e tutto quel che si è potuto fare con quello stramaledettissimo materiale; ma notiamo anche dei recipienti che traboccano di sostanze che fanno schifo e paura allo stesso tempo e rifiuti d'ogni risma. E i bambini lì, a giocare, con i loro genitori occupati nella loro incessante attività rigenerativa del nostro ipocrita e autoassolutorio scarto. Si accorgono di noi, ci salutano, rispondiamo e rimaniamo su due sponde opposte, collegate tra loro solo da un ponte d'amianto e ipocrisia.


La mia guida mi racconta che un amico gli ha confessato che dovendo disfarsi di una canna fumaria in eternit ha provato a farlo legalmente e vista l'esorbitante cifra richiesta (in genere ci aggiriamo intorno ai mille euro per metro lineare) ha deciso di chiamare un rom e con poche centinaia d'euro hanno risolto il problema. Certo, l'hanno risolto per modo di dire, l'hanno tolto dalla casa ma se lo ritroveranno nel cibo, nell'acqua e nell'aria, ammesso che questi non se lo ritrovino anche sulla coscienza per quel nomade e la sua famiglia.

Andiamo via sconcertati, in cerca dell'isola ecologica, sì Afragola ha anche un'isola ecologica, a questo punto si sarebbe potuto pensare che tutta la cittadina lo fosse stata, vista l'omogenea diffusione dei rifiuti, messi ovunque ce ne fosse stato lo spazio per scaricarli. Abbiamo difficoltà a trovarla, anche perché non troviamo segnalazioni evidenti e chiediamo a un carabiniere in borghese, che gironzola in bici nel giardino della caserma, protetta come non mai e circondata anch'essa dall'immondizia e dallo scarico abusivo. Il militare ci risponde con ghigno irriverente: - ma dovete scaricare o avete già scaricato – gli rispondiamo: - e se lo avevamo fatto venivamo da voi a dirvelo? - Evidentemente a lui sembrava normale farlo in maniera tanto impudente, giusto davanti a una caserma della Benemerita e come del resto era facile constatare. Ci soffermiamo a scambiare qualche battuta e ci racconta di fermi effettuati e mai convalidati dai giudici e dell'impotenza delle forze dell'ordine davanti allo scempio ambientale. - Ma di che giornale siete? - ci chiede - del Mediano.it - gli rispondo – ah! Ma qua ci vuole Striscia la notizia! Voi che potete fare? - Mi dice rispondendomi con lo stesso ghigno derisorio. - Noi facciamo il nostro come voi fate il vostro poi ognuno risponde alla propria coscienza. - Ringraziamo, salutiamo e proseguiamo il nostro viaggio allucinante mentre il militare riprendeva il suo tranquillo tour ciclistico nel giardino sotto casa.

Infine troviamo l'isola ecologica, che altro non era che un deposito di automezzi addetti alla nettezza urbana, i rifiuti, praticamente non c'erano, stavano tutti attorno a quel luogo, nelle campagne, per strada, nei passi carrabili, sotto i cavalcavia ma non lì. Andiamo via, giusto il tempo per assistere in diretta a un rogo di rifiuti a duecento metri dalla locale stazione dei Vigili del Fuoco, dal Tribunale e, manco a dirlo, dai Carabinieri, filmiamo, fotografiamo e segnaliamo ai pompieri, i quali, ci dicono che la prassi vorrebbe che si chiamasse il 115 e non direttamente alla stazione e che per questa volta avrebbero fatto un eccezione, segnalandola loro direttamente, loro, che stavano 200 metri da quelle fiamme. Potere della stampa!

Sulla via del ritorno ci assale un senso di mestizia, ci sentiamo un po' come quei turisti che fanno un giro nelle favelas, nelle bidonville di quei paesi tanto belli ma pieni di contrasti, là dove ci si meraviglia se ti meravigli nel vedere tanto scempio. Ci siamo sentiti impotenti, stranieri, quasi derisi da chi ci vedeva con le mascherine, sfottuti da da chi ci vedeva fotografare la monnezza, il problema era che altro non c'era da fotografare in quel luogo, potenzialmente bellissimo, nient'altro che monnezza, immonda, onnipresente ma per molti invisibile monnezza!