lunedì 20 febbraio 2017

Videoscemenze



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No, non si tratta delle sciocchezze che quotidianamente i media ci propinano e, anche se questi ne sono il principale vettore, parleremo invece del come e del perché la videosorveglianza e l’esercito sono inutili per contrastare il tragico fenomeno della Terra dei fuochi.

Ovunque esista una discarica, legale o abusiva che sia, storica o di recente istituzione, propriamente detta o abituale sito di sversamento, tra gli amministratori locali e tra la cittadinanza tutta, due sono i mantra che puntualmente vengono recitati: telecamere ed esercito!
Pare infatti che l’unico mezzo utile per beccare l’inquinatore di turno, sia la telecamera e il deterrente delle tenute mimetiche dell’Esercito Italiano. Quest’ultimo però, così come i famigerati poliziotti di quartiere (qualcuno se li ricorda ancora?), hanno una funzione pressoché simbolica poiché, in pratica, le regole d’ingaggio dei militari impediscono di fermare ed arrestare chi compie un reato e devono comunque avvisare le Forze dell’Ordine per ogni evenienza e questo qualora presidiassero effettivamente i luoghi e negli orari critici per quel che riguarda lo scarico e lo sversamento abusivo dei rifiuti.
Ma veniamo al dunque delle telecamere; sul territorio già ce ne sono tante ed anche in quelle zone dove è riconosciuto l’abuso in questione, ma qual è dunque il problema? Il problema è che quelle telecamere, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in funzione. Non lo sono quelle messe dal Parco Nazionale del Vesuvio in via Novelle Castelluccio, tra S. Sebastiano ed Ercolano, mai cablate e che in teoria avrebbero dovuto vigilare sullo scarico e sui roghi che ciclicamente avvengono in quei luoghi; non lo sono nemmeno quelle che dovrebbero vigilare via Valente, tra Pollena e Massa, lì, le tanto strombazzate telecamere (probabilmente non connesse alla rete) non limitano di certo chi va sotto i ruderi di villa Valente a buttare sacchetti e copertoni; non servono a nulla quelle messe ormai da anni nelle piazzole della SP1 che parte proprio dalla circumvallazione in cui confluisce via Valente. Idem con patate per quel che riguarda l’alveo Molaro, sempre a Massa di Somma e là dove le telecamere e l’esercito assieme non evitano che carrozzieri, gommisti ed edilizia congiunta possano scaricare di tutto e in maniera indisturbata; ma anche San Sebastiano in via Panoramica Fellapane e nei pressi del comune; a Terzigno, a San Giuseppe e a Sant’Anastasia ci risulta che questi strani oggetti dei desideri civici non abbiano per niente limitato la nostra e per niente invidiabile Terra dei fuochi.
Se fosse per un certo tipo di giornalismo, ben oliato o semplicemente disinformato e avvezzo più alla staffetta che alla frequentazione dei luoghi di cui si scrive, la realtà sarebbe quella di un sistema di videosorveglianza che scova e consegna i trasgressori alla giustizia ma, chissà perché, quei pochi disgraziati colti in flagranza di reato vengono quasi sempre da fuori comune e il loro arresto frutto di appostamenti o dovuti a segnalazione di terzi. Ma la realtà è ovviamente un’altra.
Come abbiamo già altrove fatto notare, è molto più rischioso caricare un furgone di pneumatici o altro rifiuto speciale e pericoloso e portarlo lontano dai luoghi di produzione poiché, se non sei ben coperto come la delinquenza organizzata, rischi, non solo spese maggiori per il trasporto (del resto il problema oltre che culturale è primariamente economico) ma anche di essere fermato dalle Polizie e il dover giustificare l’ingiustificabile, ovvero l’assenza di bolle d’accompagnamento e la natura di quel rifiuto. La circoscrizione del problema è dimostrata anche dall’evidenza che i rifiuti hanno una loro origine facilmente adducibile a chi vive in zona: i teloni di plastica, i contenitori per piantine in polistirolo e i prodotti chimici usati in campagna dei contadini locali; gli scarti dell’edilizia abusiva di chi vive in zona; le cataste di copertoni dei gommisti a valle e le balle si pezzame in zone dove l’industria tessile e all’apice dell’economia locale. Questo spiega anche il perché, la vera Terra dei fuochi, quella attuale, non più quella di Gomorra, sia, più che ignorata, tollerata! Ciò accade perché si sa chi ora scarica, si sa da dove viene e che è un proprio concittadino o uno di zone limitrofe e si sa che, colpire l’endemica economia sommersa del Vesuviano, significa minare un intero territorio, accendere la miccia di una rivoluzione che nessuno vuole. Ci si limita a costatare quel che già sappiamo, le cronache infatti ci fanno piombare in situazioni e contesti che i locali già conoscono come i siti inquinati e che da decenni denunciamo ma quasi mai si parla di arresti e di rinvii a giudizio, non esistono colpe, quasi queste fossero talmente condivise da non poterne colpire uno solo di questi fraterni mnemici. Insomma, per grottesco che possa sembrare, la Terra dei fuochi, è una tragedia per molti ma un ammortizzatore sociale per altri che a loro volta sono vittime di se stessi.
Ma tornando alle telecamere, bisogna sapere che queste, qualora funzionassero dovrebbero avere un membro delle Forze dell’ordine dietro che ne controllasse quanto meno le registrazioni. Non quindi un comune cittadino, ciò vuol dire due cose: o nuovo personale ad hoc o straordinari da pagare a carico delle nostre FF.O. che certo non navigano in buone acque dal punto di vista degli stanziamenti e a livello di contingenti. Tanto vale a questo punto pagare gli straordinari e non spendere soldi per inutili quanto costose attrezzature. Va inoltre fatto notare che le telecamere che dovrebbero riprendere immagini anche in notturna, dovrebbero essere ben tarate per evitare di restituire in illeggibili pixel le targhe ed i volti dei delinquenti.

È  ovvio che lo specchietto per le allodole delle telecamere, per non parlare degli altisonanti droni, in ascesa tra chi ama riempirsi la bocca più che rimboccarsi le maniche, facciano più spettacolo dell’impegno certosino di inquirenti e dei pur presenti movimenti civici che agiscono spesso in sordina sul territorio. Risulta evidente che lo spendere soldi pubblici per le velleitarie telecamere e propagandare la presenza dell’esercito, permette di far girare l’economia per chi le vende e dare un senso fittizio di sicurezza a chi ama le divise ma non risolve di certo il problema dei rifiuti, del loro scarico e dei loro roghi. 

domenica 19 febbraio 2017

CHE SENSO HA PARLARE ANCORA DI PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO?


Quando si parla di Vesuvio ma soprattutto quando si parla del suo contesto naturale, nello specifico dei suoi sentieri, si ha una sorta di discrasia, si ha come l'impressione che si parli di qualcosa che in realtà appartiene a un altro mondo.

Spesso si ha come l'impressione che chi parla di certe cose non abbia mai messo piede e talvolta neanche ruota, là dove invece avrebbe dovuto essere presente. Tutt'al più pare che ne abbia una remota se non edulcorata immagine, anacronistica rispetto alla realtà quotidiana. È il caso questo di molti sindaci del Vesuviano ma oserei dire di gran parte di quel mondo che ruota intorno alle sorti di quella strana cosa che è il Parco Nazionale del Vesuvio.

Qualcuno, molti giornalisti, per rapidità lo chiamano spesso “il parco Vesuvio” e a ruota, tutti, in un'impietosa economia della lingua, ne seguono la dizione; inquadrando l'area naturale quasi fosse un'urbanizzazione di quelle tante che troviamo ai margini del Cratere, ed è forse quella la loro concezione e di chi ci amministra, una sorta di giardinetto pubblico a corollario del cemento che tanto amano e che tanto diffondono. Non certo un'area protetta da tutelare, perché all'ombra del Vesuvio di tutto si parla meno che di natura e ambiente, se non in maniera fittizia e ipocrita o quando ci sono fondi da spartire.

Sta di fatto che l'immagine del Vesuvio, quella promossa al di fuori dei confini del Parco non è quasi mai fedele alla realtà e la cosa peggiore è quella che quando qualcuno decide di visitarlo questo rivela sì aspetti reconditi e affascinanti ma ancor più spesso offre il suo lato peggiore poiché è quello sottaciuto da chi avrebbe dovuto tutelarlo. Cosa vogliamo dire con questo? Vogliamo dire che se si invita od ospita una personalità, quasi sempre un famoso giornalista, un divulgatore di una trasmissione televisiva, il politico di turno, ci si prodiga per lui e gli si mostra solo il salotto buono ma le altre stanze, ridotte a sgabuzzino se non a pattumiera, gliele nascondono.

È ovvio che lo scopo è quello propagandistico e questo ci sta, è giusto pubblicizzare le nostre bellezze e l'operato di un Ente Parco che non sempre brilla per iniziative concrete ma, se lo scopo è quello di convogliare i visitatori, l'effetto è contrario e va contro le regole più basilari della tecnica turistica, come ad esempio quella del passaparola che si ferma davanti alla delusione dell'ospite. L'immagine positiva offerta cozza subito con quella reale e negativa di un'accoglienza scadente e di un Parco Nazionale che tale non è, circondato da rifiuti, cemento e vincolato al solo turismo di massa del Gran Cono che nulla offre e nulla lascia al territorio vesuviano se non a chi, in maniera indisturbata, ne monopolizza il flusso.

C'è poi un'altra realtà, quella di chi, dovendo fare ricerca, deve chiedere il permesso per accedere ai sentieri e spesso se lo vede anche negare mentre c'è gente che nel parco, in maniera impunita, va in moto e addirittura a caccia. C'è ancora chi si vede multare per aver concimato il suo fondo fuori periodo e chi invece costruisce tranquillamente sul letto di un lagno o in area parco perché è parente del sindaco o amico di un prete.

Allora a che serve ospitare Geo & Geo o Patrizio Roversi, a che serve pulire e sistemare un centinaio di metri di sentiero, giusto quel tratto che calpesterà la personalità invitata quando il comune mortale troverà ben altra cosa? A che serve utilizzare i già pochi dipendenti del Parco per guidare un presentatore quando esisterebbero le guide esclusive del Parco, che lo stesso Ente ha formato e abilitato e del quale poi se n'è puntualmente dimenticato? Certo siamo in libero mercato ma allora lo stesso dovrebbe valere per le guide vulcanologiche che in regime di mercato di certo non stanno.

Qualcuno, già in passato e con scarsa eleganza, ci fece notare che con le nostre critiche facevamo del male al Parco Nazionale ma ci chiediamo, ora, alla vigilia dei suoi vent'anni d'esistenza e dopo l'exploit iniziale, cosa ha fatto di costruttivo l'ente, se non azioni esclusivamente estetiche e autoreferenziali? Perché non è mai scattata la scintilla tra i vesuviani e il Parco? Non è che ci si è, tutto sommato, fatto del male da soli? Ai posteri, possibilmente muniti di buona memoria, l'ardua sentenza.

Apparso su ilmediano.it nel marzo 2015




sabato 18 febbraio 2017

Telecamere spente


Via Panoramica Fellapane - S. Sebastiano al Vesuvio

Via Panoramica Fellapane - S. Sebastiano al Vesuvio

Via Panoramica Fellapane - S. Sebastiano al Vesuvio

Via Panoramica Fellapane - S. Sebastiano al Vesuvio

Via Panoramica Fellapane - S. Sebastiano al Vesuvio


Contrada Beneficio - San Giuseppe Ves.

Contrada Beneficio - San Giuseppe Ves.

Contrada Beneficio - San Giuseppe Ves.
Contrada Beneficio - San Giuseppe Ves.

Contrada Novelle Castelluccio - Ercolano

Giusto sotto le telecamere  -  Contrada Novelle Castelluccio - Ercolano
Alveo Molaro - Massa di Somma

Alveo Molaro - Massa di Somma

Alveo Molaro - Massa di Somma
Via Valente - Pollena Trocchia

Via Valente - Pollena Trocchia

Via Valente - Pollena Trocchia

Via Valente - Pollena Trocchia

Via Valente - Pollena Trocchia