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Napoli da lontano

5 dicembre 2012 16:15 0 commenti Articolo letto 70 volte

La vivibilità a Napoli e provincia è sempre più bassa. Lo dice la ventiduesima edizione della ricerca annuale de Il Sole 24 Ore che classifica Napoli al 105° posto. Tutto ciò, invece di stimolare la riflessione ha suscitato solo polemiche innescate da un tardivo amor proprio e da un commento dello scrittore Erri De Luca. È fin troppo facile parlare dei lati belli di Napoli, quelli che ricordiamo quando ne siamo lontani, perché si sa che, la nostalgia, è canaglia, come la cantavano Albano e Romina, e ci fa ricordare solo il bello dei nostri luoghi nativi.
Sarà stato così anche per Erri De Luca che lontano da Napoli pontifica sulla nostra città, così come fanno molti ex napoletani o sedicenti tali, quelli che tramandano un’immagine fin troppo edulcorata di Partenope.
Chi vi scrive ama la sua città e ne riconosce l’unicità, ma fa questo non solo con il cuore, cosa forse troppo difficile da evitare, ma anche con la mente, avendone una certa nozione di causa, per i suoi trascorsi di guida turistica. Anch’io non sopporto certe classifiche e ne soffro per il freddo utilizzo, ma non tanto per la loro, si spera scientifica essenza, ma per la lettura discriminatoria che spesso se ne fa, ad uso e consumo di chi propaga altre nordiche unicità.
Detto questo, dissento, dissento pienamente dalla “poesia” di Erri De Luca. Lo scrittore ha prodotto pagine meravigliose sulla mia città ma io ci vivo ancora qui e fin quando non farò come lui e molti altri, fin quando non me ne andrò e se mai lo farò, mi permetto di fare notare alcune cose, alcune realtà che vanno ben oltre l’interpretazione a senso delle parole dell’autore e della loro esegesi.
Lui parla di una città aperta anche di notte, ma dove? Quando? Qual è questa città dove puoi passeggiare anche di notte? Non certo quella delle periferie, e fin qui siamo nell’ordinario, ma lo stesso centro storico, cala nel torpore più assoluto dalle venti in poi e diviene terra di nessuno, o meglio, di chiunque voglia fare quel che vuole. Ragazzetti volgari che sfrecciano impunemente in motorino scippandoti, minacciandoti o picchiandoti semplicemente perché così gli dice la testa.
Anch’io come Erri De Luca ho viaggiato e ho visto e conosciuto altre realtà e che quotidianamente, anche sul lavoro, confronto con la mia vita napoletana, e posso assicurare che altrove, una ragazza, in pieno centro, può passeggiare liberamente e vestita come vuole, anche di notte, senza per questo essere apostrofata, ingiuriata, e quanto di peggio una maschilistica mente possa pensare. Su questo non c’è nessuna poesia che tenga.
Non parliamo poi della delinquenza organizzata o meno che sia, che penalizza il commercio, che ti impone il pizzo e si insinua talmente tanto tra le maglie della città, che si radica così tanto nelle nostre menti, nella nostra cultura da considerarla se non essenziale, ormai ordinaria, tanto da non farci più caso o addirittura essendone partecipi. Molti esercenti mettono nel calcolo delle spese, a priori, la tangente per il clan di zona e si ribellano soltanto quando ritengono che si sia superato un limite ragionevole di spesa. Molte ditte appaltatrici si rivolgono alla camorra per danneggiare i concorrenti, pur non essendo direttamente legate alla delinquenzialità.
Benvenuti quindi nella città del caffè, della pizza e della mafiosità, dove l’estorsione del parcheggiatore abusivo viene poeticamente vista come arte d’arrangiarsi, così come una volta chi vendeva le sigarette di contrabbando; quanti film evocativi ne hanno fatto un’immagine da macchietta e ora che alle sigarette si sono sostituite droga, armi ed esseri umani? Vi sono ancora così simpatici? Li trovate ancora tanto pittoreschi? Questa è una città dove si gioca a fare i popolani come faceva il Re Nasone ma lo si fa dalle colline del Vomero o dalla Riviera di Chiaia o da tutti quei luoghi sicuri e lontani dalla triste realtà.
L’illegalità è un ammortizzatore sociale dove la camorra da più lavoro dello stato, con tutti i rischi che ne conseguono. È questa una città dove il borseggiato e la violentata, tutto sommato, se la sono cercata, se non meritata, per la loro disattenzione, per la loro poca avvedutezza per il loro osare essere liberi, liberi di passeggiare con tranquillità per strada, questo ovviamente quando non tocca a noi e alle nostre figlie.
De Luca parla del poter mangiare ovunque cose squisite in quel di Partenope, questo potrebbe essere quasi del tutto vero ma obietto su un particolare non poco rilevante, cosa c’è dietro quei prezzi bassissimi e tanto competitivi? C’è quasi sempre il non aver mai pagato le tasse, la non emissione di scontrino e ancor peggio lo sfruttamento feudale dei propri dipendenti, nella norma tenuti a nero e sottopagati, pensiamoci bene quando ci ergeremo a giudici dei nostri dirimpettai cinesi.
Lui parla di un panorama stupendo e con il lirismo che lo contraddistingue ci parla di quel meraviglioso vento di mare che solo a Via Caracciolo sa catturare i tuoi sensi e la tua anima ma da lì, da lontano, ancor più da Roma da dove tutto è molto più bello, più poetico, sì, è possibile vederla in questo modo.
Perché lì, forse, la puzza del percolato non gli arriva sotto al naso, i marciapiedi ricoperti di sterco canino e che ti costringono a camminare per le malridotte strade non si vedranno da così lontano e la candida polvere d’amianto che invade le periferie napoletane e i polmoni di chi le vive, che ne sa lui, di tutto questo, il vento non farà “l’aria leggera” ma l’ammorberà come le nostre vite di napoletani veri.
La quotidianità a Napoli è molto più dura che altrove, sì, è vero, talvolta ti forma, ma spesso ti corrompe o ti annienta, è molto facile fare di necessità virtù, fare dei nostri guai il nostro vanto, uno stratagemma degno della nostra arte d’arrangiarsi ma lo capirei in uno che lo fa perché ci deve sopravvivere qui ma non da qualcuno che deve arricchirsi con la nuova e aggiornata Napoli da cartolina.
Ma a Napoli è difficile fare anche il turista, per il pressapochismo e la miopia culturale degli operatori del settore, dove un prodotto turistico che si vende di per se, per le sue unicità, si contrappone con scarsi e sommari investimenti, nel pubblico come nel privato ma le impareggiabili bellezze della mia città prevarranno negli occhi e nel cuore di un turista, cosa che non può accadere a chi turista non è e deve combattere ogni giorno contro Napoli, la napoletanità, la mafia, la mafiosità e soprattutto il qualunquismo!

di Ciro Teodonno



La maledizione di San Vito

Non si tratta dell'anatema del santo né di quella di una fattucchiera vesuviana ma la reale disgrazia che pesa sugli abitanti della frazione più alta di Ercolano, limitrofa alle bombe ecologiche dell'Ammendola-Formisano e di Contrada Novelle Castelluccio. Quando si parla di maledizioni si parla sempre di qualcosa di oscuro, di intangibile, di non pronunciabile, come le patologie che affliggono con particolare incisività certi luoghi del nostro martoriato territorio, quei luoghi che per anni hanno patito la purtroppo reale disgrazia di essere il ricettacolo di quanto più tossico la nostra nazione potesse produrre e accogliere. Quando si parla delle malattie neoplastiche, i tumori per intenderci, se ne tace il nome specifico, vuoi perché sono termini troppo complessi per i comuni mortali, vuoi perché sembra quasi che la semplice pronuncia di quel nome comporti una sorta di contagio e questo a causa del subdolo e talvolta oscuro processo che porta all’infermità. Tacendone però il nome se ne nascondono spesso anche le origini, o meglio, le cause. Spesso, queste trovano ragione non solo nell’ereditarietà o in una cattiva condotta di vita ma anche e soprattutto nell’inquinamento territoriale. E in questo caso, di sicuro, il voler relegare la disgrazia dell’infermità a una non definibile cattiva, impronunciabile e oscura sorte, conviene a molti, che invece, cognizioni e colpe ne hanno e pure tante. La frazione di San Vito è un vero e proprio quartiere che però s’inerpica, in maniera più o meno ordinata e abusiva, sulle pendici del Vesuvio, è separata dal comune di appartenenza, Ercolano, dal limite della Benedetto Cozzolino, importante asse viario che collega l’interno del Vesuviano con la sua fascia litoranea. Il problema di questa sorta di popoloso paese nella città è che ha visto il suo sviluppo edilizio andare di pari passo con quello delle discariche illegali, e legali, che ormai costellano il nostro paesaggio. L’elemento che contraddistingue, non solo visivamente, il luogo è quello della cosiddetta Collina del Disonore; a chiunque la veda e non ne conosce l’origine, questa appare come una delle tante protuberanze vulcaniche che sovente appaiono attorno al Vulcano ma non tutti sanno, o non tutti vogliono sapere, che quella è una montagna di monnezza. Circa 300 metri di rifiuti non meglio identificabili e che chiamarli monnezza sembra quasi dargli un epiteto romantico. Stiamo parlando della collina di rifiuti della discarica dell’Ammendola-Formisano uno dei tanti luoghi malsani del nostro territorio, un Sito Potenzialmente Contaminato e di importanza nazionale (S.I.N. come da DM 471/1999) e disgraziatamente nel Parco Nazionale del Vesuvio. La sua storia, come quella di tutte le discariche vesuviane, risale molto probabilmente al dopoguerra e al progressivo cambiamento delle abitudini e delle realtà locali, un graduale e inesorabile passaggio dall’economia rurale e di sussistenza familiare all’odierno e sfrenato consumismo. La Collina del Disonore, secondo alcuni anziani, ha incominciato a crescere già verso la fine degli anni sessanta per vedere il suo apice negli anni novanta, prima della sua fittizia chiusura, e quando, è molto probabile che vi siano stati scaricati abusivamente rifiuti altamente pericolosi. La sua storia è piena di spazzatura come di ribellione da parte di chi ha vissuto e lavorato nelle sue vicinanze, vedendo però sempre frustrati i parziali successi ottenuti, quasi come in una fatica di Sisifo, il mitico personaggio che aveva osato sfidare gli dei e che si vedeva per questo ricadere perennemente giù il macigno che altrettanto perennemente spingeva su verso la cima di una montagna. Proprio così, sembra che questi luoghi, vocati naturalmente a un’agricoltura unica e ricercata e dal panorama meraviglioso, debbano, per una forza superiore, divenire oggetto dello stoccaggio dei veleni nostri e altrui e senza appello alcuno per chi ci vive. Le voci del territorio sostengono a voce bassa e non certo con poca circospezione che lì ci siano sotterrati automezzi carichi di sostanze radioattive, ma non solo nell’Ammendola-Formisano, c’è addirittura chi afferma che in diversi appezzamenti limitrofi alla ex-cava, vi siano altri rifiuti radioattivi, occultati ai più. Per chi non conoscesse la zona e la sua storia, a valle della Collina c’è un vasto incavo adibito in passato a cava e dove permangono ancora i “siti di stoccaggio provvisorio” del 2001 e 2008. Questi siti, dalla dubbia coibentazione, furono posti in essere, nel 2001, dall’allora sindaco Luisa Bossa e nel 2008, in maniera più estesa e visibile dall’alto, dall’allora amministrazione Daniele e incombono sulla prima restaurata e poi abbandonata “Stazione Cook”, emblema di un altro dei tanti progetti di riqualificazione turistica frustrati da un territorio refrattario, da una sua miope conoscenza e da chissà cos’altro ancora. Più a valle ancora, ma non distante dalla discarica, c’è la Contrada Novelle-Castelluccio, logica e affine propaggine di rifiuti e veleni, e motivo di un’interrogazione parlamentare la scorsa estate a causa dei continui roghi di immondizia e soprattutto di amianto, verificatisi con dolo e puntuale ripetizione ogni estate. Sembra che tale zona possa essere interessata, in un futuro non ancora ben definibile, da una bonifica regionale, a tal proposito l’assessore all’ecologia del comune di Ercolano, Antonello Cozzolino, ci ha anticipato anche un’intesa con l’ASTIR che apporterebbe una prima opera di bonifica del sito in questione e dove uno stanziamento di 100.000 € dal bilancio comunale e una disponibilità di circa 300 addetti dell’azienda regionale (in liquidazione) permetteranno la raccolta e la selezione di tutto il rifiuto riciclabile, ben diverse e complesse saranno invece le operazioni di trattamento e smaltimento dei rifiuti speciali, sicuramente presenti in zona. Per quel che concerne l’Ammendola-Formisano e il riassetto della Novelle-Castelluccio con i fondi PIRAP per una sua riqualificazione della strada rurale e per l’avvicinamento ai percorsi turistici principali, sempre da quanto ci dice l’assessore Cozzolino, il comune di Ercolano anticipa ogni anno, per il contenimento del percolato dei siti dell’Ammendola-Formisano, 100.000 € che il Commisariato di Governo (lo stesso che corrisponde un canone ai proprietari della cava), prima o poi, dovrebbe restituire alle casse comunali. In relazione alla Novelle Castelluccio e i fondi PIRAP, ormai approvati per la riqualificazione dell’area rurale con due progetti, questi andranno di pari passo con la suddetta bonifica. Questo, altrove, lascerebbe ben sperare ma conoscendo la storia locale e soprattutto l’ipocrisia che ha contraddistinto questi luoghi e chi li amministra c’è il timore che il tutto si risolva in un operazione di facciata e che quei soldi si spendano solo per non mandarli indietro e per sfruttarli opportunamente, vista la tempistica, in periodo elettorale. Il pericolo più grave è però quello che ci si dimentichi, proprio grazie a queste operazioni di facciata, del reale problema che è quello della forte incidenza delle malattie tumorali nella zona di San Vito e di quanto tali patologie stiano falcidiando la popolazione locale. Quasi tutte le famiglie del luogo sostengono di avere avuto in famiglia casi di neoplasie, spesso mortali e la zona è ormai in fermento. Per questo, da qualche giorno, nelle case della frazione e non solo, circola un questionario, fatto dai cittadini, per avere qualcosa di tangibile da proporre alle autorità, senza forse sapere che di indagini se ne sono già fatte in passato, ultimo lo studio SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento che riguarda l’analisi della mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di una serie di grandi centri industriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali pericolosi, che presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitario tale da avere determinato il riconoscimento di “siti di interesse nazionale per le bonifiche” S.I.N.) che pur non valutando l’elemento delle discariche illegali è stata comunque rilevata una sensibile incidenza delle patologie tumorali nella zona del litorale vesuviano e in particolar modo quelle relative alle vie respiratorie.

http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=3647#null

Autore: Ciro Teodonno