giovedì 27 gennaio 2011

martedì 25 gennaio 2011

domenica 23 gennaio 2011

DIVO SEBASTIANO DICATUM



















Un grazie a chi s'è fatto ritrarre e a chi no. Mi scuso con questi ultimi per avergli rubato un istante. Senza malizia e col massimo rispetto conservo il loro ricordo sperando di non far cosa scortese.

Le foto sono di Ciro Teodonno, nell'eventuale uso, si prega di menzionare l'autore

lunedì 17 gennaio 2011

Strade Cupe

Per chi avesse la fortuna di possedere una carta antica del Napoletano o soltanto osservarne una, non potrà fare a meno di notare la disparità esistente tra l’oggi e il passato. L’inversione spaziale tra città e campagna è talmente evidente dal voler tornar indietro nel tempo. Purtroppo questo non è possibile e allora possiamo provare a rivalutare quelle zone che un tempo erano più vivibili. Incominciando a conoscerle meglio.





È il caso di Cupa Cascetta nel territorio di San Giorgio a Cremano e Cupa Monaco Aiello a confine tra San Sebastiano al Vesuvio, San Giorgio ed Ercolano.
Cupa Cascetta nasce dal piazzale creato dal confluire di Via Figliola, nelle sue due diramazioni (S. Giorgio e S. Sebastiano), la vecchia Via Figliola (parallela all’attuale in territorio di S. Sebastiano) e Via degli Astronauti (S. Sebastiano). È questa una via moribonda che ha perso il suo logico fluire a valle a causa dell’ostruzione di rifiuti e vegetazione. E dire che, ammirando la splendida mappa del di Noja del 1775, la stessa, proseguendo a est, per quello che oggi viene chiamato Alveo Buongiovanni (S. Sebastiano), era la “via che porta a San Sebastiano”. Non era certo l’unica via d’accesso al paesino, più a sud c’era infatti la “via che porta alla Montagna”, attualmente intitolata a Palmiro Togliatti e già Via Nuova San Sebastiano. Ma tornando a Cupa Cascetta, volendo immaginarne una rivalutazione, questa sarebbe molto utile a tutti coloro che vivono nelle vicinanze, come alternativa a una Via Figliola fin troppo congestionata dal traffico delle ore di punta. Magari anche a senso unico, visto l’esiguo lume che la percorre. Invece no, è il ritrovo di tossicodipendenti e di brave persone che vi vanno a scaricare le loro vergogne e a scapito di quei pochi che ci abitano.



Più cupa che mai è la sorte della Monaco Aiello che al suo nascere in Via Figliola (lato S. Giorgio) è chiusa da una cancellata. In effetti questa antica via, anch’essa montante verso il Vulcano, ha oggi la funzione di lagno ed è stata più volte ripristinata sia dall’ENEL che dal Genio Civile per accogliere e convogliare le impetuose acque che scendono da via degli Astronauti e dalle campagne circostanti. La sua parte alta invece (V. degli Astronauti, la separa da Via Masseria Monaco Aiello, antica prosecuzione della stessa), dopo aver rasentato la centrale dell’ENEL (S. Sebastiano) prosegue, tra rifiuti di vario genere, fino alle serre (S. Giorgio), dove si potrà vedere quello che rimane dell’antico basolato, ormai quasi del tutto sostituito da un oscena colata di cemento. Come succedeva in passato la stradina svolta a destra per incontrare un caseggiato che anticamente era l’unica costruzione di una zona conosciuta col nome di Santa Caterina da Siena, di questa costruzione, ormai adeguata ai canoni della nuova edilizia, si evincono ancora alcuni ruderi, avvolti dalla folta vegetazione spontanea, a vestigia dei tempi che furono.



I miei ricordi di bambino mi portano indietro nel tempo, quando andavo in quel casolare a comprare il vino per mio nonno. Ricordo quando m’accoglieva una bonaria vecchietta sdentata che mi affidava al marito, vecchietto troppo alto per reggere il peso del lavoro e degli anni che, perennemente curvo, s’incamminava, accompagnandomi verso la cantina.
E questa era la vera sorpresa, si passava prima in un cellario, leggermente al di sotto del livello del terreno ma poi, attraverso un’angusta scalinata scavata nella lava si scendeva verso il basso, alla cantina vera e propria, molto umida ma piacevolmente fresca d’estate. Era illuminata da una lampada da sessanta watt appesa a una piattina bianca che faceva vibrare le ombre al nostro passaggio. Lentamente risalivo alla luce; era piacevole attardarsi e fantasticare con quelle ombre ma il vecchierello mi esortava a sbrigarmi. Chissà se esiste ancora quella cantina.

http://www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=12245











I testi e le foto, escluse quelle satellitari, sono di Ciro Teodonno, nell'eventuale uso si prega di citare l'autore.