… quella del non informarsi e puntare sempre il dito verso qualcuno o qualcosa e rimanere sempre e comunque inattivi davanti agli incendi.
Posto che la maggior parte degli incendi boschivi sono
provocati dall’uomo andrebbe fatta una sostanziale chiarezza tra le varie
tipologie di cause. Sì perché pare proprio che la parola incendio, più che un
sostantivo, sia ormai divenuta una locuzione e che sia sempre considerato a
prescindere un incendio doloso deviando di fatto l’attenzione là dove sarebbe
più opportuno farlo.
L’incendio doloso, sia ben chiaro, è effettivamente la
maggiore delle cause rilevate per gli incendi boschivi (il 49,9% secondo
fonte ISPRA nella sua relazione 2024).
Sempre L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) individua 5 tipologie di
cause di incendio: naturale; involontaria, volontaria; dubbia e non
classificata, i Carabinieri Forestali
invece, classificano le cause nel seguente modo: naturali; accidentali; colpose
e dolose. Contrariamente però a quanto si trasferisce attraverso i mezzi di
comunicazione, un po’ come accade anche con l’uso errato della parola piromane, usata invece di quella di incendiario, esiste anche una
buona parte di incendi di natura colposa
o involontaria, il 18,2% che, accompagnato da un 28,1% di cause non classificate; un 2,9% di cause dubbie e
uno 0,9% di cause naturali ci troviamo davanti a un 50,1% che, molto probabilmente,
non risulterà essere dolo (sempre dati ISPRA 2024). Incendi quindi provocati più dall’imperizia o l’ignoranza che
dalla ricerca del profitto o da fantasmagorici complotti che spesso tendono a
nascondere colpe condivise se non complicità da ricercare altrove.
La colpa
Generalmente la stagione di maggior rischio per gli incendi
è quella estiva, anche se non mancano dalle nostre parti incendi autunnali o addirittura
invernali, il periodo di maggiore attenzione va, in linea di massima, dal 15
giugno al 15 settembre, con possibilità di prolungarlo ad ottobre come accadde
lo scorso anno. Ciò nonostante, in molti, a prescindere dall’area protetta o
meno, conservano alcune insane abitudini, talvolta tollerate anche dalle
autorità, ma che mettono a serio repentaglio la sicurezza pubblica e i preziosi
ecosistemi qualora si trattasse di zone rilevanti dal punto di vista
naturalistico. Esistono infatti alcune pratiche, come ad esempio quella di dar fuoco ai terreni agricoli per
rivitalizzarli precocemente, oppure l’incendio
delle aree incolte per favorire la crescita degli asparagi selvatici che,
in taluni periodi dell’anno, e con talune condizioni meteo favorevoli al fuoco,
spesso cagionano incendi indomabili e dalle conseguenze imprevedibili.
Un’altra pratica molto
in voga nel Napoletano è quella del cuocere le conserve di pomodoro al
fuoco della legna, molti lo fanno per fortuna nei cortili, là dove questi
esistono ancora, nelle famose curtine,
ma molti altri, continuano a farlo in campagna, così come accade quando va “scippata a pummarulara” ovvero quando,
tra agosto e settembre, si ripulisce il campo coltivato a pomodori e se ne
bruciano le sterpaglie con i conseguenti disastrosi incendi, rafforzati anche
dall’esistenza di numerosi campi incolti che per ragioni di microfondo, di mancata osservanza delle direttive delle
amministrazioni locali e della non individuazione dei proprietari,
costituiscono dei veri e propri serbatoi di combustibile.
Infine c’è la pratica della furnacella, della gita estiva fuori porta con brace annessa, in
montagna, al fresco dei boschi ma spesso, questa bella attività cagiona danni
irreparabili per la cattiva gestione del fuoco, del suo abbandono e,
consentitemelo anche dello scarso controllo di queste aree adibite al pic-nic.
Il dolo
Poi è vero, esiste il dolo ma per far sì che questo venga
dimostrato mediante le indagini degli inquirenti, c’è bisogno di trovare in
flagranza di reato l’incendiario, o, in caso di patologia conclamata, il
piromane. Capire quindi se esistono motivazioni per quel gesto ma molto spesso,
il dolo equivale, contrariamente a quanto si pensa, alla colpa di qualcun altro,
poiché le azioni preventive da parte di chi di dovere sono spesso inesistenti, palliative
se non addirittura dannose.
Il dolo prevede una mano criminale o, come abbiamo detto,
quella di un piromane, le cui azioni non possono spesso essere previste o
talvolta, non c’è la volontà di farlo, come per chi dà fuoco alle discariche abusive della Terra dei fuochi,
ma l’incendio colposo invece, legato alle suddette usanze, può essere
combattuto, oltre che con i divieti e le eventuali sanzioni, anche con
un’opportuna opera di educazione ambientale, ma stavolta rivolta verso gli
adulti e non i bambini, questi da tempo opportunamente edotti sugli argomenti
di natura ambientale. Il problema non è la scuola ma al di fuori di questa dove
non esiste né rispetto né educazione e, molto spesso, nuda e cruda
prevaricazione, ecco perché la distinzione tra le due cause principali di
incendio va opportunamente fatta, per individuarle e combatterle separatamente.
Poi esiste il
complottismo dell’abusivismo edilizio, degli stagionali, dei Canadair e della
tuttologia da social, tutte
eventualità talvolta possibili ma non ricalcabili per tutti contesti che, al
netto delle leggende metropolitane dei cani e i gatti kamikaze, andrebbero
basate nelle realtà specifiche e non generalizzate come verità assolute, stile
bar dello sport. Nel caso del Napoletano e soprattutto del Parco Nazionale del Vesuvio, oggetto nel 2017, di un devastante
incendio, l’edilizia era interdetta a prescindere, con o senza anagrafe delle
aree incendiate comunali (obbligo spesso non ottemperato dalle stesse amministrazioni),
gli operatori forestali sono tutti dipendenti delle partecipate statali,
Armena, SMA Campania, SOGESID, etc e i Canadair, essi pure appartengono allo
stato (Protezione Civile, Vigili del Fuoco e così via).
Spesso però, bisognerebbe chiedersi quanta responsabilità
abbiamo anche noi a tal riguardo, come testimoni muti di un malcostume tutto
nostrano dell’autoassoluzione e della ricerca spasmodica di un capro
espiatorio.
Immagine creata con l'IA
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