domenica 22 gennaio 2017

‘O masto ‘e festa


Sul nostro individualismo e sulla nostra necessità di sentirci unici ad ogni costo, contro ogni regola del buon senso e della decenza.

La cosa che più mi lascia perplesso durante una discussione è quando, a un certo punto, mentre i due contendenti si confrontano, esce sempre fuori un simpaticone con l’atteggiamento di chi vuol dirimere la questione; in genere questi si presenta con sguardo ammiccante, con un sorriso sferzante e dal fare sufficiente, col chiaro atteggiamento di chi vuol deridere gli antagonisti.
Oggi, con un termine del giornalismo politico, definiremmo asetticamente questo personaggio come un terzista, uno di quelli che non si capisce bene da che parte stia, ma uno di quelli che deve assolutamente fare la sua analisi politica, sperando che nessuno capisca per chi parteggi sul serio. Io però ho sempre preferito il termine più propriamente partenopeo di masto ‘e festa.
Il masto ‘e festa è colui che in genere organizza professionalmente le feste di paese ma in senso lato è uno che vorrebbe aver in pugno la situazione. Uno buono insomma, o uno che crede di esserlo e di qui l’ironia della metafora. Un personaggio che crede di saperla lunga sull’argomento in questione e che si ritiene migliore degli altri nell’affrontarlo e di conseguenza, invitato o meno nel farlo, ritiene di esser capace di risolverlo; ma lui però, cosa fondamentale, non si abbassa al confronto, evitando opportunamente di sporcarsi le mani nella diatriba.
‘O masto’e festa piomba quindi come un avvoltoio nel contenzioso e sopraggiunge proprio quando i due interlocutori sono al massimo della disputa, mettendo in evidenza le loro criticità, le loro debolezze e magari, con una battutella, liquida tutto e tutti, senza risolvere nulla ma smorzando, nel migliore dei casi, i toni o semplicemente rinviando il tutto; giusto il tempo di farsi bello davanti a qualcuno ed uscirne lui come il vero vincitore.
Ecco, questo è il nostro Paese, se uno non paga il biglietto su un mezzo pubblico e il controllore fa casino per multarlo, c’è subito chi giustifica il trasgressore mettendo in cattiva luce il pubblico ufficiale, o glielo paga lui quel biglietto, poiché non ritiene opportuno soffermarsi sul principio di legalità che coincide in quel caso col pagare proprio quel tragitto, perché deve essere lui al centro dell’attenzione, non il sacrosanto principio.
Questo atteggiamento poi è talmente radicato nei nostri costumi che, con l’impunità e l’amplificazione di facebook, ha dato ampio spazio ai piccoli e grandi maste ‘e festa; e così, intervenendo rigorosamente con il piede a martello, assistiamo al raccapricciante spettacolo di teneri padri di famiglia con tanto di foto con prole che si lanciano in tackle scivolato in calce alle discussioni con il loro verbo e la loro presunta scienza. Tutto ciò lo si fa senza valutare il pregresso della tenzone in atto e a prescindere se si ha o meno cognizione di causa, e questo pur di essere al centro dell’attenzione sociale. Si è voluto e si vuole ancora dire la propria e ad ogni costo; spesso pensando di essere stati gli unici a scriverlo o quanto meno i più originali, e proprio per questo pronti a criticare tutto quello che prima si era fatto, detto o seguito e per dimostrare quanto si è intelligenti, colti ed attenti. È successo una cosa simile con l’olio di palma; prima tutti a condividere post contro il grasso saturo ma poi, quando è sembrata scontata la campagna pubblicitaria “palm oil free”, per non sentirsi scontati come questa e quando si è pensato che ormai fosse passata di moda, tutti a fare gli outsider a favore dell’insano grasso e con post pseudo scientifici, parziali o sponsorizzati a dichiarare fede eterna al più emblematico dei prodotti alimentari italiani. Quello era il filone del momento; e via dunque con battute più o meno sarcastiche e vignette costantemente reiterate col copiaincolla su quella crema spalmabile come la prova più schiacciante della loro originalità e dell’inutilità di una sana alimentazione; manco se lavorassero tutti quanti per la Ferrero.
Così vale per le scie chimiche, i rom, i cellulari dei profughi, le case agli africani, il napoletano lingua UNESCO e la mitologia neoborbonica, ma anche le mutande della Boschi, la sorella della Boldrini e lo “scisc” di Renzi e tutta quella serie di convinzioni tra le quali il nostro masteciello sa che potrà trovare il suo quarto d’ora di notorietà. Gli stessi politici cadono in questa trappola, perché sanno che devono prendere in contropiede chi li attacca quotidianamente sui social e senza pensare più di tanto, o magari tacere come un buon politico talvolta dovrebbe pur saper fare, rimandano la palla nel campo avversario. Purtroppo lo fanno senza limiti per la decenza, pur di stare al centro dell’agone politico e dimenticando di far parlare gli altri al posto loro. Vedi ad esempio l’ultima boutade (e lo abbiamo trattato!) del presidente De Luca, che proclama a tutto spiano di voler licenziare i medici e i dirigenti dell’ospedale di Nola, centro dello scandalo dal clamore nazionale, dimenticando però il suo commissariato alla sanità campana; in altre parole dimenticando che è lui quello che sceglie i dirigenti dei nosocomi ed è lui che gestisce i fondi per comprare letti e barelle e che in quel contesto mancavano, tanto da curare i malati addirittura per terra.
È successo lo stesso con il caso Saviano, prima martire dell’antimafia, oggi bersaglio di chiunque voglia sentirsi EAM, sì: Estraneo Alla Massa, come i tutt’altro che originali tifosi di calcio. Anche in questo caso, dopo la lapidazione di chi ai tempi del verbo di Gomorra gli si opponeva e come preventivammo anni fa, oggi Saviano diviene parimenti bersaglio degli stessi che una volta lo esaltavano acriticamente, perché i masti, loro non seguono un pastore, loro sono unici e conoscono la verità. Così si apre la caccia al Saviano sui social e spuntano pure gli articoli dei terzisti che pur di non ammettere che Saviano su Napoli ha ragione, prendono ipocritamente le distanze dai contendenti ma, non potendo esimersi dal parlare, fanno per l’ennesima volta ‘e maste ‘e festa!

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