domenica 22 gennaio 2017

La geografia non è un’opinione

La geografia non è un’opinione



In difesa della geografia per l’importanza che questa ha ancora in un mondo che crede di risolvere tutto attraverso la tecnologia.

Qual è la montagna più alta d’Italia? Il Monte Bianco! Tutti così rispondono e questo a prescindere dal fatto che non lo sia più da almeno 70 anni a questa parte vedi. Allora, sorge spontanea la domanda di quale sia oggi la vetta più alta del Paese, e qui tutti cascano dalle nuvole. Cascano come chi vede cadere un mito, una verità data per scontata, praticamente un dogma. E se vi chiedessi qual è la vetta più alta della Campania? Quando faccio questa domanda, i miei alunni mi rispondono quasi sempre: il Vesuvio! Assurdo? Meno assurdo del silenzio attonito restituitomi in risposta dagli adulti o da quei maggiorenni presuntuosi che sostengono che sia il Monte Miletto o il Cervati.
In effetti, come purtroppo molti libri di testo ignorano e così come per molti di quegli spazi telematici che usano copiaincollare senza verificare le informazioni che pubblicano, il Miletto si trova in Molise e, il punto più alto della Campania, si trova sì sullo spartiacque del Matese, ma è la Gallinola, ed il Cervati è solo la montagna interna più alta della nostra regione.
Per molti queste potrebbero essere questioni di lana caprina, futile nozionismo ma si sa, quando dalla nozione si passa all’interesse economico, il concetto va a farsi benedire e ciò vuol dire che se è vero che la nozione è fine a se stessa, quando questa acquisisce un’utilità o una sostanza economica allora diventa essenziale più del concetto stesso; così come lo sono divenuti i confini nazionali quando il sindaco di Chamonix ha chiuso l’accesso al Ghiacciaio del Gigante e ha messo a in discussione gli interessi economici legati alla funivia del Monte Bianco e ai rifugi alpini presenti in quel contesto ma, anche e soprattutto, le questioni di natura giurisdizionale, penale e civile per tutto quello che accade in quei luoghi contesi quali appunto sono o dovrebbero essere quelli del Monte Bianco vedi.
Un qualcosa di simile ho potuto riscontrare allorquando, per il rinvenimento di un cadavere sul Vesuvio, dovetti dare le coordinate ed informare personalmente forze dell’ordine e amministrazioni locali sulla precisa collocazione amministrativa del tragico incidente, non solo non avevano le mappe ma neanche sapevano come arrivarci vedi.
Qualcuno potrebbe pensare che oggi, con la tecnologia, con internet e il GPS praticamente alla portata di tutti, siano ormai superati tali problemi ma se l’errore o l’inesattezza è registrato anche nella Rete questo non potrà che essere amplificato da questa e col rischio che il virtuale abbia il sopravvento sul reale. Emblematico il fatto che l’attuale presidente del Parco Nazionale Vesuvio non sappia ancora quanti sentieri esistano nel parco che presiede e questo probabilmente perché la sua unica fonte è il sito ufficiale del PNV, non aggiornato per quel che concerne la sentieristica vedi (e non solo!) da almeno sette anni. Inutile dire che quest’altra nozione è stata ormai diffusa a mo’ di scatole cinesi da tanti siti e giornali poiché non solo s’è persa l’abitudine di verificare di persona le cose di cui si scrive ma anche perché, mai come stavolta, la fonte primaria, almeno quella telematica era ed è ancora fuorviante.
Anche in questo caso l’aspetto nozionistico ha la sua rilevanza poiché se si è veramente interessati ad una risistemazione dei sentieri del Parco ed investire le già scarsa risorse, sarebbe opportuno sapere come minimo quanti questi siano per potervi intervenire.
Forse oggi, con l’appiattimento del concetto che lo strumento informatico possa risolvere tutto e con la convinzione che i computer e gli smartphone bastino per conoscere il mondo, nessuno apre più un atlante o non sa come orientare una carta topografica e come muoversi con questa. Perciò la gente, quelle rare volte che s’affaccia al balcone, non sa più leggere il panorama che le si delinea attorno e forse per questo lo sente meno suo. Per questa ragione trovo scandaloso l’accorpamento, nei licei, di storia e geografia nell’unica materia detta “geostoria”, trovo assurdo che le due importanti discipline vengano sacrificate entrambe per ragioni di bilancio e a scapito di una cultura a trecentosessanta gradi, prediligendo ciò che oggi sembra utile ma che forse domani non lo sarà e dimenticando quello che sempre servirà per la crescita di un individuo, il sapersi muovere nel suo territorio con l’uso della sua testa, della sua cultura.
Per molti oggi basta Google maps, la rete poi pullula di software dedicati alla geolocalizzazione, per non parlare dell’arma a doppio taglio di Wikipedia, ma poi c’è gente che non sa distinguere Monte Nuovo da Monte Barbaro, pensa che il Miletto stia in Campania perché è la cima più alta dell’Appennino Campano/Sannita o scambierà la vista del Vesuvio da Trecase con quella di San Sebastiano e questo soltanto perché lo ha visto o letto sul Web ma soprattutto manca la cultura e la conseguenziale conoscenza del territorio, quella che non ti fa costruire le case nei canaloni, nei lagni o nella fiumare o là dove la storia, quest’altra sconosciuta ci ha insegnato di non costuire. Nella Rete gli errori vanno più veloci e questo ci fa capire che lo strumento informatico andrebbe usato con molta più serietà altrimenti sarà come usare la calcolatrice senza saper più far di calcolo.

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