mercoledì 5 marzo 2025

Donne

 


“Negli occhi hanno gli aeroplani Per volare ad alta quota Dove si respira l'aria E la vita non è vuota Le vedi camminare insieme Nella pioggia o sotto il sole Dentro pomeriggi opachi Senza gioia ne dolore”

 Ascolto un annuncio sulla rete radio nazionale, relativo all’8 marzo. Il quel breve resoconto di tutto ciò che dovrebbe essere una donna in contrapposizione a quello che è stato, ed ahimè continua ad esserlo ancora, ci sono elementi che non possono che indurmi a fare alcune riflessioni a riguardo.

Uso l’esempio di un annuncio, su ciò che ancora può essere considerato un mezzo di comunicazione di massa, per ragionare sulla visione della donna su questi canali, in particolar modo su quelli televisivi, e non faccio riferimento solo alla visione sessista delle nostre pubblicità, tanto discriminatoria dall’esser considerato normale vendere un prodotto qualsiasi assieme al corpo femminile o una parte di esso, ma mi riferisco agli stessi programmi dei palinsesti, statali o privati che siano. In particolar modo quelli che, con una certa enfasi parlano alla pancia degli spettatori come quelli “sportivi”, ma anche molti di quelli considerati informativi, dove la professionista, la giornalista, non deve essere semplicemente professionale, ma ancor di più deve essere bella e, ancor meglio se appariscente. La giornalista deve in pratica cacciar fuori tutta la sua mercanzia e non tutta la sua cultura, che poi se supportata da lauree, formazione, esperienza lavorativa, etc. poco conta, è un corollario alle sue forme e meglio ancora se opulente.

Questo è quanto riguarda il mercato del corpo della donna ma che dire della visione ancor più subdola di quella dell’angelo del focolare? Non sembra che nelle pubblicità attuali ci sia una grande differenza tra gli anni 50 ed oggi, anche perché, da allora, anche la nostra società, pare che non si sia mossa più di tanto. Sì, ci capita di vedere immagini di padri in tutù, vestiti da fatina dei denti, in stile statunitense, uomini che incominciano a cambiare pannolini ma chi si occupa della colazione, del pranzo e della cena, ma anche dello spuntino e della merenda? È e sempre lei, la mamma, la donna, e questo, i pubblicitari lo sanno molto bene, anche meglio di noi.

Sia ben chiaro, da maschietto non disdegno il grande mistero della femminilità, il faro che per ognuno di noi costituisce la presenza di una donna nella nostra vita, ma, immaginando che sia specularmente lo stesso per l’altra metà del cielo, non dimentico che lei è, sopra ogni altra cosa, persona. Non corpo, non madre, non moglie, non sorella ma persona, soggetto libero di agire e pensare da sola e senza condizionamenti altrui.

 I femminicidi, la non accettazione che una persona, in quanto tale, non possa liberamente non voler più vivere con il proprio partner maschile, nasce anche da questo tragico fraintendimento, quello del ruolo ma soprattutto quello della proprietà che l’uno vorrebbe esercitare sull’altra, la cosificazione della persona femminile. “Tu mi appartieni” spesso si sente dire, ma al di là del passionale romanticismo che, se detto così per dire, per affascinare la propria ragazza, ci starebbe pure, spesso lascia purtroppo ad intendere un annullamento di questa, un oggetto che appartiene a noi maschi e non appunto verso una persona con tutti i suoi diritti ma soprattutto una persona nella sua essenza, che è ben altra cosa. Riflettiamoci quindi, quanto il mondo che abbiamo attorno a noi influenza questa maniera di pensare e purtroppo di agire. Quanto gli esempi mostrati in televisione, al cinema (per chi ci va ancora) ma soprattutto in quel mare magnum che è la rete, influenzano, oltre al nostro sostrato socio-familiare, le nostre scelte di maschi, la nostra sessualità, i nostri sentimenti.

 Ho la forte impressione che la donna stessa, figlia di millenni di sudditanza culturale, abbia assorbito parte di quello stesso maschilismo che l’opprime e quindi, se il suo corpo viene venduto, questo viene giustificato dal fatto che il corpo femminile sia più bello di quello maschile e che, se sulla sua persona pendono ancora le scelte familiari è perché la donna è madre. In questi due andanti, una sorta di contentino per la negazione della propria personalità, si intravedono ancora quei bastioni del luogo comune che andrebbero superati assieme per un'equa condivisione delle parti e dei ruoli nella famiglia, nella società e nel mondo.

Ecco, anche se pian pianino ci stiamo avvicinando a questa semplice ma recondita questione, credo che il vero ragionamento per l’8 marzo dovrebbe essere questo, per evitare che anche questa, come anche altre celebrazioni, diventino uno sterile evento commerciale, riducendo, oltre che il corpo, anche la dignità di una donna ad un qualcosa di mercificato. #8marzo #donna #paritàdigenere

 Nessun vocabolo inglese è stato usato a sproposito durante la stesura di questo post


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