“Negli occhi
hanno gli aeroplani Per volare ad alta quota Dove si respira l'aria E la vita
non è vuota Le vedi camminare insieme Nella pioggia o sotto il sole Dentro
pomeriggi opachi Senza gioia ne dolore”
Uso l’esempio di un annuncio, su ciò che ancora può essere considerato un mezzo di comunicazione di massa, per ragionare sulla visione della donna su questi canali, in particolar modo su quelli televisivi, e non faccio riferimento solo alla visione sessista delle nostre pubblicità, tanto discriminatoria dall’esser considerato normale vendere un prodotto qualsiasi assieme al corpo femminile o una parte di esso, ma mi riferisco agli stessi programmi dei palinsesti, statali o privati che siano. In particolar modo quelli che, con una certa enfasi parlano alla pancia degli spettatori come quelli “sportivi”, ma anche molti di quelli considerati informativi, dove la professionista, la giornalista, non deve essere semplicemente professionale, ma ancor di più deve essere bella e, ancor meglio se appariscente. La giornalista deve in pratica cacciar fuori tutta la sua mercanzia e non tutta la sua cultura, che poi se supportata da lauree, formazione, esperienza lavorativa, etc. poco conta, è un corollario alle sue forme e meglio ancora se opulente.
Questo è
quanto riguarda il mercato del corpo della donna ma che dire della visione
ancor più subdola di quella dell’angelo del focolare? Non sembra che nelle
pubblicità attuali ci sia una grande differenza tra gli anni 50 ed oggi, anche
perché, da allora, anche la nostra società, pare che non si sia mossa più di
tanto. Sì, ci capita di vedere immagini di padri in tutù, vestiti da fatina dei
denti, in stile statunitense, uomini che incominciano a cambiare pannolini ma
chi si occupa della colazione, del pranzo e della cena, ma anche dello spuntino
e della merenda? È e sempre lei, la mamma, la donna, e questo, i pubblicitari
lo sanno molto bene, anche meglio di noi.
Sia ben chiaro, da maschietto non disdegno il grande mistero della femminilità, il faro che per ognuno di noi costituisce la presenza di una donna nella nostra vita, ma, immaginando che sia specularmente lo stesso per l’altra metà del cielo, non dimentico che lei è, sopra ogni altra cosa, persona. Non corpo, non madre, non moglie, non sorella ma persona, soggetto libero di agire e pensare da sola e senza condizionamenti altrui.
Ecco, anche
se pian pianino ci stiamo avvicinando a questa semplice ma recondita questione,
credo che il vero ragionamento per l’8 marzo dovrebbe essere questo, per
evitare che anche questa, come anche altre celebrazioni, diventino uno sterile
evento commerciale, riducendo, oltre che il corpo, anche la dignità di una
donna ad un qualcosa di mercificato. #8marzo #donna #paritàdigenere
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