domenica 19 febbraio 2017

CHE SENSO HA PARLARE ANCORA DI PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO?


Quando si parla di Vesuvio ma soprattutto quando si parla del suo contesto naturale, nello specifico dei suoi sentieri, si ha una sorta di discrasia, si ha come l'impressione che si parli di qualcosa che in realtà appartiene a un altro mondo.

Spesso si ha come l'impressione che chi parla di certe cose non abbia mai messo piede e talvolta neanche ruota, là dove invece avrebbe dovuto essere presente. Tutt'al più pare che ne abbia una remota se non edulcorata immagine, anacronistica rispetto alla realtà quotidiana. È il caso questo di molti sindaci del Vesuviano ma oserei dire di gran parte di quel mondo che ruota intorno alle sorti di quella strana cosa che è il Parco Nazionale del Vesuvio.

Qualcuno, molti giornalisti, per rapidità lo chiamano spesso “il parco Vesuvio” e a ruota, tutti, in un'impietosa economia della lingua, ne seguono la dizione; inquadrando l'area naturale quasi fosse un'urbanizzazione di quelle tante che troviamo ai margini del Cratere, ed è forse quella la loro concezione e di chi ci amministra, una sorta di giardinetto pubblico a corollario del cemento che tanto amano e che tanto diffondono. Non certo un'area protetta da tutelare, perché all'ombra del Vesuvio di tutto si parla meno che di natura e ambiente, se non in maniera fittizia e ipocrita o quando ci sono fondi da spartire.

Sta di fatto che l'immagine del Vesuvio, quella promossa al di fuori dei confini del Parco non è quasi mai fedele alla realtà e la cosa peggiore è quella che quando qualcuno decide di visitarlo questo rivela sì aspetti reconditi e affascinanti ma ancor più spesso offre il suo lato peggiore poiché è quello sottaciuto da chi avrebbe dovuto tutelarlo. Cosa vogliamo dire con questo? Vogliamo dire che se si invita od ospita una personalità, quasi sempre un famoso giornalista, un divulgatore di una trasmissione televisiva, il politico di turno, ci si prodiga per lui e gli si mostra solo il salotto buono ma le altre stanze, ridotte a sgabuzzino se non a pattumiera, gliele nascondono.

È ovvio che lo scopo è quello propagandistico e questo ci sta, è giusto pubblicizzare le nostre bellezze e l'operato di un Ente Parco che non sempre brilla per iniziative concrete ma, se lo scopo è quello di convogliare i visitatori, l'effetto è contrario e va contro le regole più basilari della tecnica turistica, come ad esempio quella del passaparola che si ferma davanti alla delusione dell'ospite. L'immagine positiva offerta cozza subito con quella reale e negativa di un'accoglienza scadente e di un Parco Nazionale che tale non è, circondato da rifiuti, cemento e vincolato al solo turismo di massa del Gran Cono che nulla offre e nulla lascia al territorio vesuviano se non a chi, in maniera indisturbata, ne monopolizza il flusso.

C'è poi un'altra realtà, quella di chi, dovendo fare ricerca, deve chiedere il permesso per accedere ai sentieri e spesso se lo vede anche negare mentre c'è gente che nel parco, in maniera impunita, va in moto e addirittura a caccia. C'è ancora chi si vede multare per aver concimato il suo fondo fuori periodo e chi invece costruisce tranquillamente sul letto di un lagno o in area parco perché è parente del sindaco o amico di un prete.

Allora a che serve ospitare Geo & Geo o Patrizio Roversi, a che serve pulire e sistemare un centinaio di metri di sentiero, giusto quel tratto che calpesterà la personalità invitata quando il comune mortale troverà ben altra cosa? A che serve utilizzare i già pochi dipendenti del Parco per guidare un presentatore quando esisterebbero le guide esclusive del Parco, che lo stesso Ente ha formato e abilitato e del quale poi se n'è puntualmente dimenticato? Certo siamo in libero mercato ma allora lo stesso dovrebbe valere per le guide vulcanologiche che in regime di mercato di certo non stanno.

Qualcuno, già in passato e con scarsa eleganza, ci fece notare che con le nostre critiche facevamo del male al Parco Nazionale ma ci chiediamo, ora, alla vigilia dei suoi vent'anni d'esistenza e dopo l'exploit iniziale, cosa ha fatto di costruttivo l'ente, se non azioni esclusivamente estetiche e autoreferenziali? Perché non è mai scattata la scintilla tra i vesuviani e il Parco? Non è che ci si è, tutto sommato, fatto del male da soli? Ai posteri, possibilmente muniti di buona memoria, l'ardua sentenza.

Apparso su ilmediano.it nel marzo 2015




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