Quando si parla di Vesuvio ma
soprattutto quando si parla del suo contesto naturale, nello specifico dei suoi
sentieri, si ha una sorta di discrasia, si ha come l'impressione che si parli
di qualcosa che in realtà appartiene a un altro mondo.
Spesso si ha come l'impressione
che chi parla di certe cose non abbia mai messo piede e talvolta neanche ruota,
là dove invece avrebbe dovuto essere presente. Tutt'al più pare che ne abbia
una remota se non edulcorata immagine, anacronistica rispetto alla realtà
quotidiana. È il
caso questo di molti sindaci del Vesuviano ma oserei dire di gran parte di quel
mondo che ruota intorno alle sorti di quella strana cosa che è il Parco
Nazionale del Vesuvio.
Qualcuno, molti giornalisti, per
rapidità lo chiamano spesso “il parco Vesuvio” e a ruota, tutti, in
un'impietosa economia della lingua, ne seguono la dizione; inquadrando l'area
naturale quasi fosse un'urbanizzazione di quelle tante che troviamo ai margini
del Cratere, ed è forse quella la loro concezione e di chi ci amministra, una
sorta di giardinetto pubblico a corollario del cemento che tanto amano e che
tanto diffondono. Non certo un'area protetta da tutelare, perché all'ombra del
Vesuvio di tutto si parla meno che di natura e ambiente, se non in maniera
fittizia e ipocrita o quando ci sono fondi da spartire.
Sta di fatto che l'immagine del
Vesuvio, quella promossa al di fuori dei confini del Parco non è quasi mai
fedele alla realtà e la cosa peggiore è quella che quando qualcuno decide di
visitarlo questo rivela sì aspetti reconditi e affascinanti ma ancor più spesso
offre il suo lato peggiore poiché è quello sottaciuto da chi avrebbe dovuto
tutelarlo. Cosa vogliamo dire con questo? Vogliamo dire che se si invita od
ospita una personalità, quasi sempre un famoso giornalista, un divulgatore di
una trasmissione televisiva, il politico di turno, ci si prodiga per lui e gli
si mostra solo il salotto buono ma le altre stanze, ridotte a sgabuzzino se non
a pattumiera, gliele nascondono.
È ovvio che lo scopo è quello propagandistico e
questo ci sta, è giusto pubblicizzare le nostre bellezze e l'operato di un Ente
Parco che non sempre brilla per iniziative concrete ma, se lo scopo è quello di
convogliare i visitatori, l'effetto è contrario e va contro le regole più
basilari della tecnica turistica, come ad esempio quella del passaparola che si
ferma davanti alla delusione dell'ospite. L'immagine positiva offerta cozza
subito con quella reale e negativa di un'accoglienza scadente e di un Parco
Nazionale che tale non è, circondato da rifiuti, cemento e vincolato al solo
turismo di massa del Gran Cono che nulla offre e nulla lascia al territorio
vesuviano se non a chi, in maniera indisturbata, ne monopolizza il flusso.
C'è poi un'altra realtà, quella
di chi, dovendo fare ricerca, deve chiedere il permesso per accedere ai
sentieri e spesso se lo vede anche negare mentre c'è gente che nel parco, in
maniera impunita, va in moto e addirittura a caccia. C'è ancora chi si vede
multare per aver concimato il suo fondo fuori periodo e chi invece costruisce
tranquillamente sul letto di un lagno o in area parco perché è parente del
sindaco o amico di un prete.
Allora a che serve ospitare Geo
& Geo o Patrizio Roversi, a che serve pulire e sistemare un centinaio di
metri di sentiero, giusto quel tratto che calpesterà la personalità invitata
quando il comune mortale troverà ben altra cosa? A che serve utilizzare i già
pochi dipendenti del Parco per guidare un presentatore quando esisterebbero le
guide esclusive del Parco, che lo stesso Ente ha formato e abilitato e del
quale poi se n'è puntualmente dimenticato? Certo siamo in libero mercato ma
allora lo stesso dovrebbe valere per le guide vulcanologiche che in regime di
mercato di certo non stanno.
Qualcuno, già in passato e con
scarsa eleganza, ci fece notare che con le nostre critiche facevamo del male al
Parco Nazionale ma ci chiediamo, ora, alla vigilia dei suoi vent'anni
d'esistenza e dopo l'exploit iniziale, cosa ha fatto di costruttivo l'ente, se
non azioni esclusivamente estetiche e autoreferenziali? Perché non è mai
scattata la scintilla tra i vesuviani e il Parco? Non è che ci si è, tutto
sommato, fatto del male da soli? Ai posteri, possibilmente muniti di buona
memoria, l'ardua sentenza.
Apparso su ilmediano.it nel marzo 2015
Apparso su ilmediano.it nel marzo 2015
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