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No, non si tratta delle sciocchezze che quotidianamente i media ci
propinano e, anche se questi ne sono il principale vettore, parleremo invece del
come e del perché la videosorveglianza e l’esercito sono inutili per
contrastare il tragico fenomeno della Terra dei fuochi.
Ovunque esista una discarica,
legale o abusiva che sia, storica o di recente istituzione, propriamente detta
o abituale sito di sversamento, tra gli amministratori locali e tra la
cittadinanza tutta, due sono i mantra che puntualmente vengono recitati:
telecamere ed esercito!
Pare infatti che l’unico mezzo
utile per beccare l’inquinatore di turno, sia la telecamera e il deterrente
delle tenute mimetiche dell’Esercito Italiano. Quest’ultimo però, così come i
famigerati poliziotti di quartiere (qualcuno se li ricorda ancora?), hanno una
funzione pressoché simbolica poiché, in pratica, le regole d’ingaggio dei
militari impediscono di fermare ed arrestare chi compie un reato e devono
comunque avvisare le Forze dell’Ordine per ogni evenienza e questo qualora
presidiassero effettivamente i luoghi e negli orari critici per quel che
riguarda lo scarico e lo sversamento abusivo dei rifiuti.
Ma veniamo al dunque delle
telecamere; sul territorio già ce ne sono tante ed anche in quelle zone dove è
riconosciuto l’abuso in questione, ma qual è dunque il problema? Il problema è
che quelle telecamere, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in
funzione. Non lo sono quelle messe dal Parco Nazionale del Vesuvio in via
Novelle Castelluccio, tra S. Sebastiano ed Ercolano, mai cablate e che in
teoria avrebbero dovuto vigilare sullo scarico e sui roghi che ciclicamente
avvengono in quei luoghi; non lo sono nemmeno quelle che dovrebbero vigilare
via Valente, tra Pollena e Massa, lì, le tanto strombazzate telecamere
(probabilmente non connesse alla rete) non limitano di certo chi va sotto i
ruderi di villa Valente a buttare sacchetti e copertoni; non servono a nulla
quelle messe ormai da anni nelle piazzole della SP1 che parte proprio dalla
circumvallazione in cui confluisce via Valente. Idem con patate per quel che
riguarda l’alveo Molaro, sempre a Massa di Somma e là dove le telecamere e
l’esercito assieme non evitano che carrozzieri, gommisti ed edilizia congiunta
possano scaricare di tutto e in maniera indisturbata; ma anche San Sebastiano
in via Panoramica Fellapane e nei pressi del comune; a Terzigno, a San Giuseppe
e a Sant’Anastasia ci risulta che questi strani oggetti dei desideri civici non
abbiano per niente limitato la nostra e per niente invidiabile Terra dei
fuochi.
Se fosse per un certo tipo di
giornalismo, ben oliato o semplicemente disinformato e avvezzo più alla
staffetta che alla frequentazione dei luoghi di cui si scrive, la realtà
sarebbe quella di un sistema di videosorveglianza che scova e consegna i
trasgressori alla giustizia ma, chissà perché, quei pochi disgraziati colti in
flagranza di reato vengono quasi sempre da fuori comune e il loro arresto
frutto di appostamenti o dovuti a segnalazione di terzi. Ma la realtà è ovviamente
un’altra.
Come abbiamo già altrove fatto
notare, è molto più rischioso caricare un furgone di pneumatici o altro rifiuto
speciale e pericoloso e portarlo lontano dai luoghi di produzione poiché, se
non sei ben coperto come la delinquenza organizzata, rischi, non solo spese
maggiori per il trasporto (del resto il problema oltre che culturale è
primariamente economico) ma anche di essere fermato dalle Polizie e il dover
giustificare l’ingiustificabile, ovvero l’assenza di bolle d’accompagnamento e
la natura di quel rifiuto. La circoscrizione del problema è dimostrata anche
dall’evidenza che i rifiuti hanno una loro origine facilmente adducibile a chi
vive in zona: i teloni di plastica, i contenitori per piantine in polistirolo e
i prodotti chimici usati in campagna dei contadini locali; gli scarti
dell’edilizia abusiva di chi vive in zona; le cataste di copertoni dei gommisti
a valle e le balle si pezzame in zone dove l’industria tessile e all’apice
dell’economia locale. Questo spiega anche il perché, la vera Terra dei fuochi,
quella attuale, non più quella di Gomorra, sia, più che ignorata, tollerata!
Ciò accade perché si sa chi ora scarica, si sa da dove viene e che è un proprio
concittadino o uno di zone limitrofe e si sa che, colpire l’endemica economia
sommersa del Vesuviano, significa minare un intero territorio, accendere la
miccia di una rivoluzione che nessuno vuole. Ci si limita a costatare quel che
già sappiamo, le cronache infatti ci fanno piombare in situazioni e contesti
che i locali già conoscono come i siti inquinati e che da decenni denunciamo ma
quasi mai si parla di arresti e di rinvii a giudizio, non esistono colpe, quasi
queste fossero talmente condivise da non poterne colpire uno solo di questi fraterni
mnemici. Insomma, per grottesco che possa sembrare, la Terra dei fuochi, è una
tragedia per molti ma un ammortizzatore sociale per altri che a loro volta sono
vittime di se stessi.
Ma tornando alle telecamere,
bisogna sapere che queste, qualora funzionassero dovrebbero avere un membro
delle Forze dell’ordine dietro che ne controllasse quanto meno le
registrazioni. Non quindi un comune cittadino, ciò vuol dire due cose: o nuovo
personale ad hoc o straordinari da pagare a carico delle nostre FF.O. che certo
non navigano in buone acque dal punto di vista degli stanziamenti e a livello
di contingenti. Tanto vale a questo punto pagare gli straordinari e non
spendere soldi per inutili quanto costose attrezzature. Va inoltre fatto notare
che le telecamere che dovrebbero riprendere immagini anche in notturna,
dovrebbero essere ben tarate per evitare di restituire in illeggibili pixel le
targhe ed i volti dei delinquenti.
È ovvio che lo specchietto per le allodole delle
telecamere, per non parlare degli altisonanti droni, in ascesa tra chi ama
riempirsi la bocca più che rimboccarsi le maniche, facciano più spettacolo dell’impegno
certosino di inquirenti e dei pur presenti movimenti civici che agiscono spesso
in sordina sul territorio. Risulta evidente che lo spendere soldi pubblici per
le velleitarie telecamere e propagandare la presenza dell’esercito, permette di
far girare l’economia per chi le vende e dare un senso fittizio di sicurezza a
chi ama le divise ma non risolve di certo il problema dei rifiuti, del loro
scarico e dei loro roghi.