martedì 2 aprile 2013

Il secondo quarto d'ora

Bello l'articolo sul calcio africano, mi ha riportato ai tempi della mia giovinezza, negli anni settanta, quando anch'io, con i miei compagni giocavamo ovunque a calcio, infarcivamo di cartacce una busta di plastica e via! In pianura, in discesa, in cortile come su una terrazza, ogni spazio libero era un campetto. Non soffrivamo la povertà, eravamo i figli del boom economico ma il calcio, quello puro, quello che unisce, quello che ti fa crescere col confronto con te stesso e con gli altri, ci lega ancora oggi, bambini di ieri, a questi ragazzini africani di oggi che scalciano dietro improbabili sfere ma con lo stesso sogno, la stessa voglia di correre. Oggi, i nostri figli, quando giocano a calcio, lo fanno con divise e palloni griffati, su veri e propri campi di calcio o trascorrono il loro tempo dietro un videogioco con tematica affine. Chissà, forse, se il calcio non è più quello di una volta sarà anche per questo, perché ha perso la sua anima.      

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