Partendo dal presupposto che il concetto di scuola non equivale a quello di baby-sitting, andrebbero specificate alcune cose prima di parlare delle emblematiche 13 settimane di vacanze estive.
Rispetto agli altri paesi europei va sottolineato che,
sebbene altrove si facciano pause estive più corte, ciò non vuol dire che da
noi in Italia si vada di meno a scuola.
I dati effettivi
In effetti, oltre a
non essere gli unici a farne 13 di settimane, come l’andante vorrebbe, ci
sono molti altri paesi che ne fanno 12, 11, 10, e così via, fino alle 6 di Germania, Regno
Unito e Danimarca. Quindi, almeno per quanto riguarda gli studenti, secondo i dati di Eurydice (The Organization of School time in Europe, primary and
general secondary education), in Europa, gli studenti
bulgari della scuola primaria, che hanno tra le 13 e le 15 settimane di vacanze,
gli studenti italiani, che hanno tra le
11 e le 14 settimane e gli studenti islandesi della secondaria superiore,
che hanno più di 13 settimane, sono quelli che fanno in media più vacanze
estive.
Ma se incominciamo a sottrarre agli altri paesi i lunghi periodi di festività durante l’anno scolastico, come le vacanze autunnali (in Francia, Germania, Danimarca e Regno Unito), la settimana bianca a febbraio (in Francia, Germania, Danimarca e Regno Unito), le vacanze di maggio (in Germania e Regno Unito), la Pentecoste a giugno (in Francia) e via dicendo, ovviamente con Natale e Pasqua inclusi e con pause in media molto più lunghe delle nostre, si ridurranno non poco gli effettivi giorni di lezione anche per quei paesi che hanno vacanze estive più corte delle nostre. L’Italia quindi, se è vero che ha il record per le vacanze estive più lunghe, tuttavia condivide, assieme alla Danimarca, anche quello dei giorni effettivi di presenza a scuola, pari a 200 rispetto alla metà dei 37 paesi europei presi in considerazione (paesi UE e paesi candidati UE), dove l’anno scolastico dura in genere tra i 170/180 giorni.
Se poi consideriamo che l’ora scolastica, che da noi è di 60 minuti, altrove va
dai 40 minuti ai 55 (con una prevalenza di 45
minuti nella maggior parte dei paesi) il quadro si ribalta di non poco
rispetto alle ore e quindi ai giorni effettivi di studio dei nostri studenti. Sostenere
quindi che quella pausa andrebbe rivista, dovrebbe tener presente anche del
quadro generale europeo e farlo in senso compiuto, senza estrapolare un unico dato
ma esaminandoli tutti e non stabilire per assioma ciò che il luogo comune
vorrebbe come dato certo e inconfutabile.
A ciò è necessario aggiungere che, mentre dopo la prima
decade di giugno termina l’attività didattica per gli alunni della scuola
primaria, questa non termina affatto per quelli della Scuola dell’Infanzia, che
si conclude assieme a quella dei docenti
entro il 30 giugno, così come non termina per gli studenti e i professori della
secondaria di primo grado, che devono affrontare gli esami di fine ciclo. Non
termina a giugno neanche per quelli della secondaria di secondo grado,
impegnati tra esami di stato, corsi ed esami di recupero e progetto “Scuola
Viva” nelle calde aule estive, arrivando facilmente alla fine di luglio, in genere il 18 di questo mese, ma talvolta
anche oltre.
Una riflessione
ironica ma non troppo.
Le nostre scuole, ma anche il nostro comparto turistico, non
sono di certo pronti per un calendario scolastico che si protragga, là dove non
lo faccia già, oltre la metà di giugno, fino a luglio e ad agosto incluso, a
meno che, non si voglia dotare opportunamente i locali scolastici di aria
condizionata e di servizio frigobar e che gli esercenti turistici debbano
rassegnarsi a lavorare solo ad agosto e, a questo punto, nemmeno entro quel
limite temporale, in base alle richieste di un certo tipo di utenza o chi per
loro. Si vorrebbe pertanto una sorta di scuola prêt-à-porter, una scuola che
vada incontro alle necessità delle singole famiglie e non della comunità tutta
e ancor meno della crescita sociale e culturale dei propri figli, che hanno sì
bisogno di scuola, ma anche e soprattutto di vivere.
Se quindi in inverno si riesce a sopperire con gli indumenti
più pesanti, al freddo delle aule, il caldo insopportabile della nostra estate
e di un clima che inesorabilmente cambia, non sarà di certo coerente con una
didattica degna di questo nome, del resto non lavoriamo tutti nelle
privilegiate segreterie scolastiche dove i condizionatori vanno a palla.
L’allaccio al mondo del turismo, pur essendo una
provocazione, si avvicina molto alla realtà di un mondo interconnesso e che
pure risentirebbe dell’assenza, non solo fisica, ma anche economica di quelle famiglie
e di quelle parti in causa che decidono di andare in vacanza come si era sempre
fatto, tra luglio ed agosto.