Quando scrivo, lo
faccio perché sono della vecchia scuola, lo faccio con cognizione di causa,
parlo e scrivo con la dignità di chi ha visto e toccato con mano ciò che
descrive.
La Terra dei fuochi è stato un concetto per molti astratto,
ma è una realtà diffusa che in molti hanno negato o che, davanti all’evidenza
dei fatti, hanno provato a ridimensionare, rimandando ad altri responsabilità
quanto meno condivise. La Terra dei fuochi nasce in un luogo preciso, nasce tra
le province di Napoli e Caserta ma normativamente, con annesso prefetto ad hoc,
viene poi allargata ad altri comuni della Campania, includendo buona parte del
Vesuviano. Va detto che di terre dei fuochi, in senso lato, lo Stivale ne è
pieno ma il caso campano è emblematico e lo è nella misura in cui c’è ancora
chi si ostina a negarne non più l’esistenza ma la consistenza e l’ampliamento
di questa immane sciagura.
L’errore, o meglio, l’equivoco è legato, oltre alla malafede
di molti politici, molti di loro ancora in carica, ma al fatto che,
l’inquinamento massivo del territorio sia stato opera esclusiva della camorra, delle
cosiddette ecomafie. Ciò è vero e comprovato ma è anche risaputo che la mafia
agisce là dove c’è guadagno e anonimato, situazioni che al momento, nelle zone
interessate, non sussistono più, vuoi per il clamore mediatico del fenomeno,
vuoi per l’assenza di spazi ormai disponibili per nascondere le tonnellate di
rifiuti che rimpinguano ancora il nostro territorio. Ma a tutto ciò va sottolineato
che le mafie fanno parte del sostrato socioeconomico del nostro paese e pertanto
non se ne può parlare come un’entità a se stante, astratta, come in molti
fanno, poiché se queste hanno agito liberamente su un territorio così vasto lo
hanno fatto perché gli è stato permesso, da una politica compiacente, certo ma
una politica scelta da noi e spesso noi stessi abbiamo fatto finta di non
sapere e non vedere certe cose, quando non siamo stati i diretti interessati
nell’interagire con la criminalità organizzata in maniere diretta o indiretta.
Oggi però, e qui nasce l’equivoco, oggi che le ecomafie
probabilmente agiscono altrove e non sono più gli attori principali dello
scempio ambientale di quelle zone riconducibili più o meno alla Terra dei
fuochi; esiste un qualcosa di più subdolo e sottaciuto che prosegue in maniera
lenta e inesorabile la strada intrapresa dalla camorra.
Il suicidio
collettivo
Sì, il suicidio collettivo che attuiamo quotidianamente e a
nostro scapito, alimentando di nostra mano o demandando ad altri, la Terra dei
fuochi. La fonte principale è l’economia sommersa, fenomeno generalizzato dove
anonimi opifici ma anche industrie vere e proprie scaricano e sversano
illegalmente i loro scarti industriali speciali e pericolosi per non ricaricarne
le spese sul loro prodotto finale. Un fenomeno diffuso che, al netto
dell’inciviltà, dell’assenza di senso civico, dei rom e degli svuotacantine, è sotto
gli occhi di tutti, la linea delle ecomafie è percorsa senza soluzione di
continuità, per la serie: la mafia siamo noi.
Ciro Teodonno,
Osservatore Civico della Terra dei fuochi, GPG del WWF Italia e ORTAM del CAI