sabato 31 gennaio 2009

MEMORIA



Qualcuno ha detto che gli ebrei furono perseguitati non per quel che facevano ma per ciò che erano.

In genere, devo ammetterlo, non sono mai stato un simpatizzante del giorno della memoria, s’intenda bene, non sono assolutamente un negazionista, e non credo nella necessità dei numeri per far valere il principio della sacralità della vita umana e allo stesso tempo non confondo l’appartenenza alla religione ebraica con l’essere di nazionalità israeliana o lo sposarne le cause, ma ho sempre provavo un certo fastidio per le manifestazioni acritiche e indiscutibili.
Questo perché credo sia giusto analizzare bene un fenomeno sotto tutti i suoi punti di vista e non in maniera palesemente univoca e dogmatica. Bisogna farlo proprio in onore della memoria di tutte quelle vittime della discriminazione nazi-fascista, tutte quelle vittime, ebrei, rom, omosessuali, menomati fisici e mentali, avversari politici, e tutti coloro che la pensavano diversamente o che, in qualche modo, non rientravano nella logica dei fautori di cotanta tragedia. Se poi in tutto questo la tragedia ebraica deve valere da esempio e monito per i posteri e archetipo di tutte le oppressioni, allora va bene così. Non credo però che sia giusto farne un discorso freddamente numerico, perché è questo il motivo ufficialmente addotto dai più, non credo che questa commemorazione, per essere piena di quel sacrosanto valore umano, debba ricordare il martirio del popolo ebraico solo perché ne scaturì più vittime, ahimè se fosse così, andrebbero stilati ben altri elenchi e ben più rilevanti dove nessuno potrebbe esimersi da responsabilità dirette o culturali. Il principio che deve valere è quello dove nessun uomo deve essere discriminato, vessato e ancor peggio privato del bene supremo della vita, soltanto perché diverso da qualcosa, che appunto risulta numericamente maggioritaria.
Spero di non esser frainteso con queste mie parole ma temevo che le celebrazioni nel ricordo della Shoah rischiassero di svilirne il reale significato. Temevo che certe personalità dalla rapida conversione politica potessero influenzare negativamente l’opinione pubblica, fuorviandola sul tema della discriminazione. A mio modesto parere ciò accade anche perché rientrano in quella logica che oggi definiamo con un termine generico, politicamente corretta. Costoro, ormai realisti più del re, vivono la celebrazione con enfasi, sperando forse di autoassolversi riabilitando coloro di cui ora sono gli epigoni o nel migliore dei casi autocelebrarsi inebriati dall’enfasi dell’evento.
In effetti, mentre è tabù muovere obiezioni su certi temi come l’olocausto, si continua invece a discriminare nomadi e omosessuali, che ugualmente patirono pene e discriminazioni indicibili e purtroppo ancora frequenti.
Quando incontro una persona non mi soffermo più di tanto sul suo aspetto, ma la valuto in base alle sue azioni e non sul suo credo religioso, non mi interessa con chi s’accompagna al talamo, in genere la guardo in faccia, la guardo negli occhi, e attendo un sorriso se questa me ne fa dono. Spero poi che questa persona m’arricchisca con una visione diversa del mondo, che possa ampliarne la mia.

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