venerdì 25 aprile 2025

Il mio 25 aprile

 


“Se hai molto da dire sul passato hai poco da dire sul presente.”

Il 25 aprile ha acquisito negli ultimi decenni un valore diverso, è passato ad essere, da stanca ricorrenza primaverile a momento conflittuale. Tutto questo da quel 25 aprile del 1994 ovvero da quando, per la prima volta la destra arrivò al potere in Italia.

Per molti, me compreso, la Resistenza ebbe allora un nuovo valore ovvero quello di una sorta di resistenza contro quelle destre, lasciate fino ad allora ai margini della vita democratica del Paese e che temevamo fossero invece un rigurgito di quel fascismo che speravamo d’essercene liberati per sempre. Purtroppo gli Anni di Piombo, col terrorismo di matrice neofascista, ma anche con quello delle Brigate Rosse, ci avevano fatto ben capire che la nostra pacificazione non era poi così scontata e che la democrazia doveva pagare ancora un tributo molto alto per consolidarsi e che il nostro paese non aveva fatto ancora i conti con il proprio passato, lasciando aperti molti spiragli a quelle visioni totalitariste che allora, ma per certi versi ancora oggi, influenzano e mettono in pericolo il nostro vivere democratico.

Quella nuova resistenza mi sembrava l’unica strada per controbattere le destre, quelle che erano per me il male assoluto perché fin troppo vicine a quel passato fascista che aleggia ancora oggi su di noi. Un passato  fin troppo paventato da una sinistra che talvolta ha agito in maniera altrettanto fascistoide e spesso convergendo in quella parabola che avvicina tutte le realtà dogmatiche in una visione esclusivista del mondo. Non è quindi fascista chi lo è ma è fascista soprattutto chi lo fa, ed è anche per questo che ho dovuto rivedere radicalmente la mia visione politica del mondo.

Gli anni, la maturità, il vedere le cose senza i filtri della passione e con la cartina tornasole dell’esperienza, mi hanno fatto capire, benché le destre non fossero e non siano il mio ideale, che anche le sinistre incominciavano a mostrare il loro vero volto ed oggi, con il loro arcaico dogmatismo, una faziosità sconcertante e prese di posizione imbarazzanti davanti ai nuovi conflitti che la cupidigia dell’uomo ci ripropone, mostrano un anacronismo talvolta peggiore di quello dei conservatori, strizzando spesso l’occhio al complottismo e a un populismo solo apparentemente antitetico a quello della destra.

Ecco, questo rapido excursus degli ultimi trent’anni di Repubblica, si sovrappone con la celebrazione dei primi ottant’anni dalla Liberazione. Mi chiedo quindi se può l’immagine sbiadita della guerra partigiana essere ancora compresa dalle nuove generazioni? Che senso ha ricordare concetti che ormai travisano gli stessi epigoni della Resistenza? La libertà è la mia risposta, libertà e ricordo di chi ha lottato per conquistarla e donarcela, questo è il senso primario del 25 aprile, la libertà di pensarla in maniera differente e la possibilità di manifestarlo pubblicamente, liberando la democrazia da ogni altro vessillo che non sia quello della libertà e della parità tra gli uomini e che non sia vincolata ad un’appartenenza politica, che sia figlia della ragione e non del principio di appartenenza e questo è il valore che deve essere difeso e celebrato oggi, domani e sempre.


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