Parto dal presupposto che ogni nostra azione, ogni nostro impegno, per quanto elevato e finanche gradevole e soddisfacente, se questo implica una coercizione, che sia economica o morale, non può essere considerato un vero e proprio piacere ma un obbligo da adempiere o una necessità per sopravvivere.
È notizia di questi giorni che l’ISTAT abbia rivisto i
codici ATECO (quelli che fanno riferimento alle ATtività ECOnomiche) includendo
anche quello relativo alla prostituzione per permetterne una identificazione
dal punto di vista fiscale. Orbene, so di affrontare un argomento vecchio
quanto il mondo, mi rendo anche conto del campo minato su cui mi accingo a
muovere ma non è mia abitudine nascondermi dietro il proverbiale dito e
cercherò anche di superare il mio pudore a riguardo.
Si usa dire che ognuno di noi abbia un prezzo, forse è vero
ma in virtù di chi non si è mai venduto e che spesso si è immolato per una
causa, mi sembra doveroso affrontare il concetto della prostituzione dal punto
di vista morale. Si faccia bene attenzione, morale non vuol dire moralismo, con
la sua accezione negativa ma di quell’insieme di regole necessarie che ci
permettono di vivere assieme con norme comunemente accettate da tutti e che
spesso forgiano anche le nostre leggi.
È mia convinzione pertanto che una donna, come qualsiasi
altra persona, nel momento in cui decida di vendere il proprio corpo per
soddisfare le voglie altrui, non lo faccia per puro e reciproco godimento ma
per la necessità di vivere o sopravvivere, contrattando economicamente ciò
dovrebbe essere invece un qualcosa di naturale come respirare o mangiare, e che
purtroppo non lo è. Ciò vuol dire che, contrariamente al luogo comune, che
vorrebbe l’esistenza di donne che amino fare questo mestiere, creando spesso
immagini distorte di donne assatanate in cerca del maschio di turno, la moneta
non nobilita l’atto e frustra l’essere umano e lo relega negli strati più bassi
della società. Ritengo inoltre che fare sesso oggi, in maniera sana,
consapevole e consenziente, non è difficile come una volta e quindi chi volesse
praticarlo liberamente seguendo la propria indole non dovrebbe avere tanti
problemi nel farlo, salvo determinati casi di esclusione sociale ma, se c’è la
transazione economica allora sì che le cose cambiano, perché in quel momento
nasce un bisogno, se non una necessità economica o addirittura un’imposizione;
non è più naturale istinto e ricerca del piacere ma la posizione prevaricante
di chi paga la prestazione e di chi deve svolgerla se non addirittura subirla.
Ma l’ipocrisia di un mondo misogino ha fatto sì che questa imposizione sociale, spesso delegata a quelle donne che un tempo erano state sedotte e abbandonate dai propri compagni o vittime di violenza carnale, divenisse un ruolo sociale ben definito e mal stigmatizzato, altro che libertà sessuale da romanzo rosa o appannaggio di ricche e libere nobildonne, il sesso era, e troppo spesso lo è ancora, un’imposizione dell’uomo sulla donna e a tutti i livelli sociali, non un naturale fluire delle cose. Oggi la situazione non è però cambiata più di tanto e, benché si pensi ancora che molte lo facciano per piacere, e benché anche in questo caso si utilizzino ormai parole inglesi per diluire ciò che altro non è che prostituzione, c’è un prezzo da pagare ed è risaputo che l’amore non si paga, a meno che non si voglia considerare anche il piacere come una merce di scambio e il corpo delle donne, ancora una volta il suo vettore.
Oggi si parla ancora di riapertura delle case chiuse, stile
Paesi Bassi, ma anche lì come qui, benché in quei luoghi si sia provato a dare
un ordine a questa “professione”, senza spazzare la polvere sotto al tappeto
come si fa da noi, non solo non si è riusciti a togliere dalle mani della
delinquenza organizzata lo sfruttamento di queste povere donne, ma non si è
riusciti neanche ad elevare la posizione di queste da oggetto sessuale a
persona, tanto da esporle in vetrina a mo’ di merce da vendere. E, come al
solito, si prende dall’estero solo ciò che conviene e spesso
decontestualizzando le situazioni che andrebbero invece calate nelle realtà
culturali locali.
Mi sono sempre chiesto perché i perbenisti lamentino la
presenza per le strade di quelle povere ragazze italiane, slave o africane che
siano. Credo che, oltre al tabù del sesso, ostacolo all’apparenza
insormontabile ed ancora una costante nella nostra civiltà occidentale, ci sia
anche la coscienza sporca del cliente incallito od occasionale, che non accetta
la commistione tra il suo mondo e quello dell’amore mercenario e ben conscio
della sporcizia dei suoi atti.
Ritornato quindi al prezzario al quale dovrebbe sottostare
ognuno di noi e quindi l’essere disposti a prostituirsi in un modo come
nell’altro al migliore offerente, questo è vero ma fino a un certo punto, nel
momento in cui c’è, come ho scritto più su, chi non s’è mai piegato a questo
assioma e nel momento in cui chi fa il suo lavoro lo fa perché riconosce in
questo una funzione sociale. Quali sono questi mestieri? Tutti, se fatti bene,
ma di sicuro non quei mestieri che ti rendono cosa, oggetto, mercanzia nel
corpo così come nella mente e, concedetemelo, anche nell’anima.
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Per approfondire
https://www.ilmediano.com/Escort-o-sex-worker-Questo-e.../
https://www.ilmediano.com/Lamore-molesto/#google_vignette
Nessun vocabolo inglese è stato usato a sproposito nella
stesura di questo post.
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