sabato 5 febbraio 2011

EREMO



Vagare per le nostre terre ha talvolta l’apparenza di un viaggio in un mondo devastato. E non mi riferisco solo agli abusi edilizi che meriterebbero ben altro spazio e trattati di sociologia in salsa vesuviana. Faccio riferimento invece a molte di quelle antiche vestigia che resistono ancora nei nostri panorami urbani. I profili delle nostre città accolgono infatti, inglobati a mo’ di ameba, vecchi caseggiati, antiche masserie, blasonate dimore nobiliari, fuse nel tessuto cittadino. Modificate e adattate alle necessità non sempre nobili dei nuovi proprietari, perdono quel contatto con un passato che fungeva a monito e ricordo di quel che eravamo.



Sabato scorso passeggiando lungo le pendici del mio Vulcano, assorto in pensieri e chiacchiere estemporanee, raggiungevo la zona dell’osservatorio, decido di entrare, in compagnia di un amico, attraverso il varco spalancato dell’Hotel Eremo. In verità quella struttura m’aveva sempre interessato, si erge questa alta, austera ed essenziale sotto Colle Umberto, il duomo lavico che protegge l’Osservatorio Vesuviano e la limitrofa cappella del Salvatore, antico ex voto degli appestati.



L’eremo riesco a vederlo fin da casa mia, lì giù, ai confini con San Giorgio. Una roccaforte gialla che risplende al tramonto, un monumento alla gloria passata e alla miseria contemporanea. L’hotel fu fatto costruire nel 1902 da John Mason Cook, audace imprenditore inglese che ideò e attuò la linea ferroviaria mista che congiungeva Napoli al Vesuvio. Prima ancora, e forse da questo il nome, v’era una locanda addossata alla chiesetta, dove, un discutibile eremita cucinava omelette e offriva Lacryma Christi ai turisti del Grand Tour.



Oggi, attraversare quel cancello arrugginito dà l’idea di entrare in una di quelle case della cinematografia dell’orrore, dove t’aspetti di trovare chiunque e magari con cattive intenzioni e accetta alla mano. In effetti, andando per quegli ambienti spogli, lerci e imbrattati da un incomprensibile vandalismo, si riscontrano un gran numero di lumini da cimitero, la qual cosa ti fa subito pensare a quei riti satanici che tanto piacciono alla televisione e a chi non sa come occupare il tempo e le emozioni. Scherzando col mio compagno di viaggio immaginiamo di veder spuntare da un momento all’altro, dietro un battente sconnesso, il riso sardonico di un allucinato Jack Nicholson Vesuviano; ai piani alti però, illuminati da un sole tutt’altro che orrido, sembriamo invece immetterci in uno di quei vetusti saloni da ballo cubani, dal coloniale ricordo di antichi splendori.



La violenza di chi non può mitigare altrimenti le sue frustrazioni ha purtroppo fatto a tiro a segno con le finestre, ha scardinato porte, bruciato suppellettili, divelto piastrelle ma la struttura mantiene ancora la sua vetusta dignità, collocata su un panorama unico e affascinante. Mi raccontano che prima della sua chiusura, l’hotel era punto d’incontro di coppie d’amore clandestino o ancor più, mercenario. Eppure oggi svetta lì, sulla collina del Salvatore, con un suo Cristo di gesso ad ammonire severamente il malcostume locale.



Il suo ultimo proprietario sembra sia stato un commendator Mario Paudice, che ha detta di Mario De Gregorio, “il re del Vesuvio”, rifiutò di vendere il complesso ad acquirenti della risma di un Berlusconi, consegnando all’oblio e a ragazzotti in cerca di esoteriche emozioni, quell’antico e nobile edificio. Le ultime notizie ci riportano allo scorso agosto, data in cui si è annunciata la possibile trasformazione del luogo in “un ostello per i giovani e, paritempo, anche sede di ritiri spirituali nazionali e internazionali”.



È certo questo un bene, dargli nuova vita e dignità, in luogo che di sicuro ne merita altrettanta ma sarà realmente vivibile e frequentabile in mezzo a tutti quei ripetitori e trasformatori che lo circondano?
























Le foto e i testi sono di Ciro Teodonno, nell'eventuale uso, si prega di menzionare l'autore

8 commenti:

  1. Molto bello l'articolo.
    peccato che Napoli sia una "città molto vissuta"
    e per questo non si da importanza ai monumenti
    Potrebbe essere un grande centro "culturale" poichè ha una grande storia alle spalle.
    La struttura è molto bella e luminosa e anche il panorama è stupendo
    ma la colpa non è solo delle persone che abbandonano monumenti,li rovinano per divertimento e anche nostra poichè non sappiamo tutelare i nostri monumenti e i nostri diritti.
    "La violenza di chi non può mitigare le proprie frustrazioni" perfetta la frase,perchè racchiude in sè tutte le violenze che ogni giorno subisce la nostra città.
    Lasciare un hotel cosi prestigioso a dei ragazzi con strane idee esoteriche...
    Abbiamo cosi tanti monumenti,ville, palazzi storici e zone archeologiche che ancora oggi sono i pessime condizioni o "nascosti" per un profitto economico.La cosa più brutta non è il degrado e le condizioni dei monumenti ma il grande disinteresse che vi è per la storia,la cultura e l'importanza che hanno avuto quei luoghi.

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    1. Beh che dire....L'italia dei palazzi,la napoli dei palazzi insomma io ci sto' OCCUPIAMOLO ripuliamolo alla meglio facciamoci concerti di musica classica convegni culturali e dormitorio per turisti donatori con live cam e riprendiamoci la storia vi va ?

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  2. Cavolo! Non sapevo di avere tra i miei alunni una giornalista in erba, complimenti! Continua così.

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  3. Grazie mille anche per i consigli :)

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  4. complimenti per l articolo.... e ripensando al eremo mi viene un nodo alla gola e mi rivedo ragazzo.... quanti ricordi in quel piccolo mondo antico! complimenti anche per le foto

    un vecchio eremita...

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  5. Grazie per il commento. Rattristisco per il fatto che luoghi tanto importanti per la storia e per le persone decadano alla mercè del tempo e dei balordi.

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  6. Be' sarebbe bello purché questo non sia un armiamoci e partite!

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  7. RISPONDO ATTRAVERSO QUESTO SPAZIO AD ALCUNI COMMENTI ALL'ARTICOLO (ORMAI L'AREA AMMINISTRATIVA DEL VECCHIO SITO DE ILMEDIANO.IT NON ESISTE PIU'):
    Talvolta ho l'impressione che ci sia chi legga più i commenti che l'articolo stesso, altrimenti non capirei la ripetitività di alcune domande.
    Ad ogni modo noto che, anche a distanza di tempo, il mio articolo riscuote ancora un certo interesse, forse perché è il luogo che ne suscita ancora tanto. A scanso di equivoci, e a prescindere il fatto che molti non si rassegnino a non credere nel soprannaturale, lì, spiriti non ce ne sono ma c'è solo tanta incuria come ovunque lungo la strada provinciale che porta al Vesuvio. La presenza in quel luogo di antenne e ripetitori nonché cavi e fili di ogni risma, col soffiar del vento, fa sì che un suono, simile a un lamento, riecheggi in tutto il complesso e questo potrebbe aver scatenato la fantasia di qualcuno e innescato un’azione a catena tale da dare a quel luogo un alone magico/misterico.
    Il reale problema, molto più terra-terra, è legato invece a un’economia frustrata ed è quella di un oligopolio che gestisce il turismo vesuviano e che non permette un allargamento e una differenziazione dell’offerta turistica, finalizzata unicamente all’intenso afflusso al Gran Cono. Se si percorre la Provinciale, a partire dalla “Siesta”, si potranno apprezzare tutta una serie di strutture fatiscenti e abbandonate, quelle che una volta rendevano più allegra e servita quella zona, ormai divenuta un deserto in mano a vandali e a ragazzetti in cerca di facili emozioni.

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