lunedì 8 settembre 2025

Più libri più liberi

Puntuale come il Natale e le feste comandate arriva a settembre la polemica del caro libri.

 Quando ero ragazzo non amavo leggere, preferivo la televisione, i film di Bud Spencer e Terence Hill ed altre amenità di quei tempi, come ad esempio la classica partitella di calcio tra amici. All’epoca però, sto parlando degli anni settanta, per fortuna esisteva ancora un’inattaccabile morale comune, quella che imponeva a chi ti stava intorno, parente o affine che fosse, di darti dei sani insegnamenti di vita: sonori paliatoni, cazziatoni a più non posso o semplici lezioni di vita, che ringrazio ancora di aver ricevuto, come oro colato, da chi me li ha consegnati, anche in malo modo, perché anche quelle azioni mi hanno insegnato a vivere.

Tra le tante lezioni che il mondo mi ha dato c’era anche quella del valore della cultura, considerato, quanto meno, come un modo per elevarsi e per utilizzare quell’ascensore sociale che pare oggi essersi arrestato. Ecco quindi che, pian pianino, mi sono avvicinato alla lettura, prima con riluttanza, per imposizione scolastica, poi con curiosità ed infine con entusiasmo. I libri mi hanno dato la libertà, mi hanno fatto conoscere il mondo prima ancora di viaggiare, mi hanno dato le basi per interpretarlo e continuano a farlo ancora, ma mi hanno dato anche le varie visioni che questo nostro mondo possiede, mi hanno dato, più di ogni altra cosa, l’inestimabile facoltà di scegliere e non di minore importanza anche un lavoro.

Oggi, questa ribalta data al mondo della scuola, tra fine agosto e inizio settembre, costituisce l’unico momento dell’anno, assieme a quello degli Esami di Stato/Maturità, in cui si parla del mondo dell’istruzione. Purtroppo se ne parla a sproposito e quasi sempre, come accade per il comparto, senza cognizione di causa o con sottile ma percettibile demagogia.

Prima di andare ai numeri che pare che siano solo quelli a contare, io mi sono sempre chiesto, ma se un meccanico spende una certa cifra per i suoi attrezzi, senza i quali non potrebbe mai lavorare, perché si demonizza poi la spesa, a mio parere, mai eccessiva, dei libri? Non sono forse questi gli attrezzi di chi si appresta ad entrare nel mondo dello studio o del lavoro, della ricerca e dell’insegnamento? Non sono questi gli strumenti su cui investire?

Purtroppo il mondo digitale ha dato l’illusione ai più che sia meglio investire per i propri figli in uno smartphone che in quegli oscuri, pesanti e sorpassati oggetti di carta ma ovviamente non è così.

Non è così nella misura in cui una ricerca in internet, in un motore di ricerca, su di un cellulare o magari in quello sconosciuto oggetto che per molti è il computer, richiede una ben salda base culturale pregressa, tale da aggirare le insidie dell’algoritmo. Sì perché per non fermarsi ai primi risultati che ti consegna Google, per saperlo istruire bene nella ricerca, così come anche bisognerebbe ben fare quando si impartiscono ordini all’intelligenza artificiale, bisogna aver prima studiato. Per capire, ad esempio, perché se gli chiedi l’immagine di un’Ape car ti darà una scimmia che guida un’auto e se gli chiedi un carabiniere armato di carabina te ne darà uno con un moschettone, altrimenti non faremo altro che diffondere l’ovvio in rete presumendo di sapere o essere di informati.

Bisogna quindi essere preparati quando si usa un traduttore on-line, perché la lingua non è solo un insieme di vocaboli incollati tra di loro ma è la matrice culturale di un popolo o di più popoli, cosa che non conosce ancora il traduttore simultaneo che non sa cosa siano le parole polisemiche e che, visto il contenitore in cui attinge l’IA, ovvero la rete, esiste ancora un mondo al di fuori di essa che ancora deve essere addirittura scoperto e per farlo, non basterà di certo un telefonino ma tanta consapevolezza e sana curiosità. Ecco a cosa servono i libri, servono come serve un pallone o una bicicletta a chi s’avvia a conoscere il mondo, prima di affrontarlo con l’uso di macchine più complesse. Soprattutto se si vuole che i propri figli eccellano negli studi che si accingono ad affrontare.

Ed ecco finalmente le cifre che, per decreto ministeriale, impongono ai testi della scuola dell’obbligo di essere calmierati e questo accade ormai da anni e sono invece gratuiti per il ciclo primario d’istruzione. Ciononostante ogni anno si parla di aumenti dei libri di testo, si parla di questi aumenti come se fosse qualcosa di scandaloso perché la cultura ormai è scandalosa, soprattutto quando ti aiuta ad vedere il mondo con occhi diversi. Ma la cultura non paga come diceva qualche ministro di un tempo non molto lontano e mi viene da chiedere come, quel ministro così come l’uomo della strada che asseconda questo andante, possano aver imparato a leggere, scrivere e far di conto, saranno nati già imparati?

I prezzi dei testi non possono sforare il preventivo di spesa imposto, non possono andare oltre una minima percentuale stabilita anch’essa per legge e, qualora accadesse, le sanzioni fioccherebbero per le scuole inadempienti ma ciò nonostante si parla ancora di prezzi vertiginosi. I telegiornali sguazzano in questo pantano mediatico, in un modo, oserei dire, disgustoso poiché l’unica cosa che fanno è quella di intervistare gli acquirenti delle librerie, quasi come se andassero buttare i soldi nel cesso, obbligati dalla lobby degli editori e degli insegnanti, senza interpellare le presunte controparti, come se poi gli insegnati non comprassero libri per se e per i propri figli. Mi chiedo perché non siano mai stati fatti servizi del genere fuori le tabaccherie e i bancolotto, là dove, senz’altro a scapito di salute e cultura e con maggiore dispendio di soldi, vanno senz’altro in fumo migliaia di euro a prescindere gli aumenti e le accise a tal riguardo.

Ad ogni modo, parlare di cinquecento euro se non più per singolo studente e al netto del corredo, che nulla ha a che vedere, con la cultura, non sta né in cielo né in terra, a meno che non si abbiano più figli a scuola e non nella stessa scuola. Ma in tal caso esistono tante soluzioni possibili e legali ma chissà perché il caro palestre, il caro piscina, l’imprescindibile e assai caro telefonino, il cinquantino, il mezzo e il caro tutto non contano, perché la carta, se non si tratta di carta moneta, oggi non serve a nessuno, perché nessuno la vuole e le conseguenze incominciano ad essere più che evidenti.


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