sabato 13 settembre 2025

Nazi è chi il nazi fa

 


Ovvero è fascista chi fa il fascista e non chi esprime la propria opinione.

Non sarà un vessillo, una bandiera, uno stemma a farti fascista o comunista ma le tue azioni.

Leggo commenti sull’uccisione dell’attivista politico pro Trump Charlie Kirk, leggo commenti analitici, ma anche di violentemente faziosi e, la maggior parte di questi, corrisponde al classico: se l’è andato a cercare; ovvero: si merita di essere ucciso perché è un fascista.

A questo punto bisognerebbe, prima di stabilire cosa è fascista e cosa non lo è, capire cos’è la destra e cos’è la sinistra oggi, anche perché far coincidere entrambi con il nazifascismo o col comunismo (con il loro atroce bagaglio di repressione del libero pensiero e del libero esistere) non mi sembra affatto corretto. Questo non solo perché le ideologie sono ormai assai annacquate, se non dissolte e relegate, nell’un caso come per l’altro, ad una semplice iconografia e a pochi capisaldi, ma per il semplice fatto che gli opposti si attraggano oggi più che mai.

Demonizzare poi l’avversario politico è un’invenzione vecchia come il mondo, così come quella di trovare il nemico di turno che ti ascolta di nascosto e che ti arreca danno, che ti invade, che violenta le tue donne e ti ruba il lavoro, un timore percepito e spesso indotto da quando l’uomo esiste e produce storia. Ma purtroppo è evidente, da una parte come dall’altra, anche la convinzione che ognuno pretenda di aver ragione, se non addirittura che abbia anche dio dalla propria parte.

La destra sostiene quindi che la sinistra detenga il monopolio della cultura in maniera quasi feudale, mentre la sinistra afferma che i loro antagonisti non siano altro e solo che fascisti e, pertanto, siano antitetici alla cultura stessa. E così, con questi due dogmi, si va avanti, almeno in Italia, dal Dopoguerra ad oggi.

A questo aggiungiamo che il prontuario delle istanze, dei vessilli e delle bandiere delle due compagini si irrigidisce sempre più, soprattutto se si è all’opposizione e va invece affievolendosi quando si va al governo, attuando un pragmatismo tutto democristiano e che spesso accomuna i due schieramenti nella logica della real politik. Ne è una prova il fatto che, ad ogni cambio di governo, quasi mai ciò che si contestava prima, quando si era all’opposizione, viene cambiato poi. Non lo si fa dopo, lo si mantiene o lo si trasforma, perseguendo talvolta il progetto precedente, il tutto sulla linea comune dell’annientamento dello stato sociale. È il caso del decreto Brunetta, della Legge Fornero, del reddito di cittadinanza e così via.

Oggi, lo sfasamento tra destra e sinistra è evidente là dove, in mezzo ai residui ancestrali di un marxismo impolverato e una maglietta di Che Guevara da un lato e l’immancabile busto del Duce dall’altro, i supposti epigoni di Lenin parteggiano ancora oggi per la Russia, mentre quelli di Mussolini per l’Ucraina, quasi come se fosse una partita di calcio. Qualcosa di simile accade con la questione palestinese, in questo caso la destra è assai timida con Israele mentre la sinistra dimentica spesso e volentieri ciò che è Hamas, molto nero e poco rosso; ma si sa che i ritornelli rendono meglio di qualsiasi altro discorso. E così, in maniera antitetica rispetto alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, la sinistra, in particolar modo quella radicale e parte di quella pentastellata, è contro qualsiasi cosa facciano gli USA, mentre la destra è sempre e comunque a favore degli americani.

Purtroppo non c’è via di mezzo, purtroppo e ancor peggio, non c’è dialogo, non c’è ragionamento ma solo ragione da far valere. Ognuno porta avanti i suoi dogmi, le sue teorie e i suoi complotti. I proseliti di destra e sinistra sembrano fatti con lo stampino, pronti a snocciolarti dai loro vademecum del qualunquismo le loro mezze verità e le loro bufale. Attentissimi i sinistrorsi sulle questioni del Donbass: “la guerra è iniziata nel 2014” ma assai recidivi nel criticare il terrorismo di Hamas, per non parlare dei più elementari principi del diritto internazionale. Dal canto suo, la destra, assai allergica alla parola genocidio, porta avanti il vessillo del 7 ottobre come prosieguo della shoah dimenticando le decine di migliaia di morti di Gaza.

Voi mi chiederete, e tu, da che parte stai? Non che questo importi più di tanto ma, proprio per non deviare l’attenzione su di una mia presunta faziosità, io sono sempre stato a sinistra, ma soprattutto sono sempre stato dalla parte della libertà e del diritto e non c’è colore che possa farmi arretrare su questi principi fondamentali. Essere di sinistra, era per me lo stare dalla parte dei più deboli e non dalla parte di una bandiera. Per me i deboli non hanno colore e sono ancora quei popoli privati della loro indipendenza, della loro cultura e della loro emancipazione, oltre che l’esser privati della propria vita.

Io sto dalla parte dei Palestinesi, ma sto anche dalla parte degli ucraini. Sto dalla parte della Global Sumud Flotilla ma inorridisco per l’uccisione di Kirk, anche se sono anni luce lontano dalle sue posizioni. Uccidere il tuo avversario non ti rende eroe, non ti rende martire ma ti rende simile a ciò che vorresti combattere, sei sulla falsa riga di quei fondamentalisti antiabortisti che uccidono i medici che praticano l’aborto. Gli anni settanta e gli anni ottanta dovrebbero averci insegnato che la violenza terroristica non porta a nulla, ha solo rovinato, in un modo o nell’altro, intere generazioni, solo il confronto democratico può vincere, basta solo accettarlo, altrimenti sarai il miglior alleato di chi vuoi avversare, perché a prevalere sarà sempre la violenza e non la ragione, le armi e non il diritto.

Immagine creata con l’IA e modificata dall’autore.

 

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