Ovvero è fascista chi fa il fascista e non chi esprime la propria opinione.
Non sarà un vessillo, una bandiera, uno stemma a farti
fascista o comunista ma le tue azioni.
Leggo commenti sull’uccisione dell’attivista politico pro Trump
Charlie Kirk, leggo commenti
analitici, ma anche di violentemente faziosi e, la maggior parte di questi,
corrisponde al classico: se l’è andato a
cercare; ovvero: si merita di essere
ucciso perché è un fascista.
A questo punto bisognerebbe, prima di stabilire cosa è
fascista e cosa non lo è, capire cos’è la destra e cos’è la sinistra oggi,
anche perché far coincidere entrambi con il nazifascismo o col comunismo (con
il loro atroce bagaglio di repressione del libero pensiero e del libero
esistere) non mi sembra affatto corretto. Questo non solo perché le ideologie
sono ormai assai annacquate, se non dissolte e relegate, nell’un caso come per
l’altro, ad una semplice iconografia e a pochi capisaldi, ma per il semplice
fatto che gli opposti si attraggano oggi più che mai.
Demonizzare poi l’avversario politico è un’invenzione
vecchia come il mondo, così come quella di trovare il nemico di turno che ti
ascolta di nascosto e che ti arreca danno, che ti invade, che violenta le tue
donne e ti ruba il lavoro, un timore percepito e spesso indotto da quando
l’uomo esiste e produce storia. Ma purtroppo è evidente, da una parte come
dall’altra, anche la convinzione che ognuno pretenda di aver ragione, se non
addirittura che abbia anche dio dalla propria parte.
La destra sostiene quindi che la sinistra detenga il
monopolio della cultura in maniera quasi feudale, mentre la sinistra afferma
che i loro antagonisti non siano altro e solo che fascisti e, pertanto, siano
antitetici alla cultura stessa. E così, con questi due dogmi, si va avanti,
almeno in Italia, dal Dopoguerra ad oggi.
A questo aggiungiamo che il prontuario delle istanze, dei
vessilli e delle bandiere delle due compagini si irrigidisce sempre più, soprattutto
se si è all’opposizione e va invece affievolendosi quando si va al governo,
attuando un pragmatismo tutto democristiano e che spesso accomuna i due schieramenti
nella logica della real politik. Ne è
una prova il fatto che, ad ogni cambio di governo, quasi mai ciò che si
contestava prima, quando si era all’opposizione, viene cambiato poi. Non lo si
fa dopo, lo si mantiene o lo si trasforma, perseguendo talvolta il progetto
precedente, il tutto sulla linea comune dell’annientamento dello stato sociale.
È
il caso del decreto Brunetta, della Legge Fornero, del reddito di cittadinanza e così via.
Oggi, lo sfasamento tra destra e sinistra è evidente là
dove, in mezzo ai residui ancestrali di un marxismo impolverato e una maglietta
di Che Guevara da un lato e l’immancabile busto del Duce dall’altro, i supposti
epigoni di Lenin parteggiano ancora oggi per la Russia, mentre quelli di
Mussolini per l’Ucraina, quasi come se fosse una partita di calcio. Qualcosa di
simile accade con la questione palestinese, in questo caso la destra è assai
timida con Israele mentre la sinistra dimentica spesso e volentieri ciò che è
Hamas, molto nero e poco rosso; ma si sa che i ritornelli rendono meglio di
qualsiasi altro discorso. E così, in maniera antitetica rispetto alla fine
dell’ultimo conflitto mondiale, la sinistra, in particolar modo quella radicale
e parte di quella pentastellata, è contro qualsiasi cosa facciano gli USA,
mentre la destra è sempre e comunque a favore degli americani.
Purtroppo non c’è via di mezzo, purtroppo e ancor peggio,
non c’è dialogo, non c’è ragionamento ma solo ragione da far valere. Ognuno
porta avanti i suoi dogmi, le sue teorie e i suoi complotti. I proseliti di
destra e sinistra sembrano fatti con lo stampino, pronti a snocciolarti dai
loro vademecum del qualunquismo le loro mezze verità e le loro bufale.
Attentissimi i sinistrorsi sulle questioni del Donbass: “la guerra è iniziata
nel 2014” ma assai recidivi nel criticare il terrorismo di Hamas, per non
parlare dei più elementari principi del diritto internazionale. Dal canto suo,
la destra, assai allergica alla parola genocidio, porta avanti il vessillo del
7 ottobre come prosieguo della shoah dimenticando le decine di migliaia di
morti di Gaza.
Voi mi chiederete, e tu, da che parte stai? Non che questo
importi più di tanto ma, proprio per non deviare l’attenzione su di una mia presunta
faziosità, io sono sempre stato a sinistra, ma soprattutto sono sempre stato dalla parte della libertà e del diritto
e non c’è colore che possa farmi arretrare su questi principi fondamentali.
Essere di sinistra, era per me lo stare dalla parte dei più deboli e non dalla
parte di una bandiera. Per me i deboli non hanno colore e sono ancora quei
popoli privati della loro indipendenza, della loro cultura e della loro
emancipazione, oltre che l’esser privati della propria vita.
Io sto dalla parte dei Palestinesi,
ma sto anche dalla parte degli ucraini.
Sto dalla parte della Global Sumud
Flotilla ma inorridisco per l’uccisione di Kirk, anche se sono anni luce
lontano dalle sue posizioni. Uccidere il tuo avversario non ti rende eroe, non
ti rende martire ma ti rende simile a ciò che vorresti combattere, sei sulla
falsa riga di quei fondamentalisti antiabortisti che uccidono i medici che
praticano l’aborto. Gli anni settanta e gli anni ottanta dovrebbero averci
insegnato che la violenza terroristica non porta a nulla, ha solo rovinato, in
un modo o nell’altro, intere generazioni, solo il confronto democratico può
vincere, basta solo accettarlo, altrimenti sarai il miglior alleato di chi vuoi
avversare, perché a prevalere sarà sempre la violenza e non la ragione, le armi
e non il diritto.
Immagine creata con l’IA e modificata dall’autore.
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