… per metter in riga chi le tasse non vuol pagare!
Si fa presto a dire grandi evasori, si fa presto a puntare
il dito contro chi ha un nome e un marchio noto, ma chi ha realmente il
coraggio di fare nome e cognome del pizzaiolo sotto casa, quello che, oltre a
evadere pure lui il fisco, sfrutta anche i suoi dipendenti? Pare che oggi,
nonostante un’immersione totale nel capitalismo, usufruendo dei suoi benefici e
spesso arricchendosi, in maniera legale o illegale, grazie ad esso, vada di
moda criticarlo, un po’ come lavarsi la coscienza sapendo di aver peccato e additando
al contempo qualcun altro come peccatore.
Esiste un luogo comune, molto radicato, che vorrebbe le
grandi imprese anche come le più cattive, orbene, non è che io voglia difendere
le multinazionali, né tanto meno un capitalismo foriero di benessere ma anche
di tante sciagure, non è mia intenzione, e penso inoltre che di avvocati e
commercialisti, i magnati ne abbiamo pure a centinaia, ma credo che, in linea
di massima, anche in questo caso si punti al fenomeno globale per non voler
esaminare un molto più sommerso e compromettente fenomeno locale. Una cosa
molto simile accade conseguenzialmente anche con l’inquinamento, strettamente
legato al lavoro sommerso che, oltre a danneggiare l’erario, inquina come, e
talvolta complessivamente più, delle grandi industrie, per risparmiare sullo
smaltimento dei rifiuti e mettendo a repentaglio la salute pubblica e
soprattutto quella dei propri dipendenti.
È ovvio che un grande marchio, usi tutti i mezzi a sua disposizione
per pagare meno tasse ed ottenere maggiori profitti ma è anche vero che le
attività dei grandi nomi del commercio e dell’industria nazionale e
internazionale siano sotto gli occhi di tutti e pertanto stiano anche molto
attenti nell’evadere il fisco illegalmente e al non rispettare i diritti minimi
sindacali, perché loro, hanno sì stuoli di avvocati pronti a tutelarli ma
soprattutto hanno un nome da difendere e un luogo comune contro.
Il pizzaiolo sotto casa invece, così come il salumiere, il
meccanico, l’idraulico, l’elettricista, la ditta di lavori edili, per non
parlare dei medici e degli altri professionisti, o dell’impiegato pubblico che
fa il doppio lavoro a nero, fanno tutti di necessità virtù ed evadono
tranquillamente, e non sempre per sopravvivere. Inoltre, molti di questi esercizi
sottopagano, se non sfruttano, i propri dipendenti, spesso approfittando di un
mercato del lavoro tendente al ribasso, soprattutto quando si tratta di
determinati lavori come quelli agricoli, dove si rasenta la schiavitù
allorquando il lavoratore è straniero e magari anche irregolare, in tal caso il
ricatto, oltre che la necessità, è assicurato.
È la somma che fa il totale diceva qualcuno, e quindi, se
dieci, venti, trenta, cinquanta ma pure cento grandi ditte evadono, queste non
danneggeranno lo stato così come possono farlo milioni di piccoli e medi
evasori.
uindi un alibi quello dei grandi evasori, anche
abbastanza sfruttato da un populismo trasversale a tutti i partiti politici,
quello del puntare il dito verso di loro, è come sparare nel mucchio senza
cogliere il centro e beccare solo il malcapitato di turno e senza scalfirlo più
di tanto.
Mi piacerebbe allora mettere sullo stesso piano un impiegato
di Amazon al primo contratto e un giovane garzone di una qualsiasi bottega
italiana, oppure un dipendente di Carrefour e il cameriere di un ristorante,
chi sarà il più sfruttato dei due? E dove preferirà lavorare nell’eventualità potesse
scegliere? La retorica politica attacca tutto ciò che è potere, spesso perdendo
d’occhio ciò che realmente potere è, e soprattutto ciò che è sostanziale e
quindi più importante, ovvero abbattere lo sfruttamento dei lavoratori. Invece,
secondo un andante, il piccolo evade e sfrutta per sopravvivere mentre il
grande lo fa per aumentare i guadagni. Sarà anche così ma lo sfruttamento
rimane sempre tale e per lo sfruttato non cambierà la situazione se a farlo
sarà la FIAT o Ciruzziello a mare, anzi, ha più speranza di essere difeso dai
sindacati nel primo caso che ne secondo.
Un altro diffuso luogo comune è poi quello del lavoro
domenicale o quello festivo, ecco, anche qui in questo caso, credo che si
confonda la sostanza con la forma. Certo, in un mondo idilliaco, magari più
prossimo ad un nostro passato recente, la domenica i negozi erano chiusi, e si
stava tutti in famiglia, un’immagine bella, nostalgica ma poco vicina alla
nuova realtà socioeconomica in cui viviamo. Messa da parte ogni sovrastruttura
ideologica, dobbiamo infatti renderci conto che abbiamo accettato, dal
dopoguerra ad oggi, un’economia di mercato che, nella sua logica benché
discutibile evoluzione, ci porta a fare i conti anche con la nostra coscienza,
non che tutto vada accettato a prescindere, ma quando ci va bene il capitalismo
perché ci conviene, non possiamo avversarlo a prescindere quando non ci piace.
Se andiamo al bar la domenica o al ristorante nei giorni di festa potremmo
accettare anche che i centri commerciali siano aperti. E questo è il punto focale
della situazione, qual è il vero problema, il moloch del centro commerciale, o
il lavoro festivo? Il problema è ideologico o pratico? Esistono tanti servizi
che funzionano nei giorni festivi, certo, molti di essi essenziali per la vita
sociale come la pubblica sicurezza o sanità, ma pur sempre di lavoro si tratta,
e per questo opportunamente remunerati per il sacrificio del loro tempo libero;
ed è qui che i nodi vengono al pettine, è più giusto che nei festivi non si
lavori o che i diritti di questi lavoratori vengano rispettati? Ecco, è qui che
si deve puntare l’attenzione da parte della società e dei vari portatori di
interesse, sul rispetto dei diritti di chi lavora e che liberamente sceglie di lavorare
nei giorni festivi e senza ripercussione alcuna sul salario e sull’orario
lavorativo settimanale e non il dogma della festività.
Mi rendo conto che scrivere tutto ciò sia come andare contro
corrente, nu parlà contra ‘a chiesa,
come si suol dire dalle mie parti quando si fa un discorso apparentemente
contro gli interessi del tuo gruppo di appartenenza ma, siccome io appartengo a
tutti perché non appartengo a nessuno, me ne farò una ragione in virtù della
mia libertà.
Per approfondire: https://www.vesuvionews.it/notizie/innocenti-evasioni-evasione-fiscale/
Nessun vocabolo inglese è stato usato a sproposito nella
stesura di questo post. Né tanto meno mi interessa se qualcuno lo reputa troppo
lungo, nessuno vi obbliga a leggerlo tutto.
Immagine creata con l'IA