Neanche il tempo d’illudersi e dopo un breve calo dei prezzi dei carburanti è arrivata l’impennata, proprio sotto Ferragosto. Per non bastare, le autostrade sempre più care e le polemiche accese dalle rappresentanze sindacali degli stabilimenti balneari. Le riflessioni su questa nostra calda estate ai tempi della crisi.
Viaggiare fa bene oltre ad esser bello perché permette non solo di distrarsi dalla routine quotidiana ma anche di apprendere, nel contempo, cose nuove. Se poi si ha la possibilità di viaggiare all’estero ancora meglio! Si potranno in tal modo vedere le differenze tra il nostro paese e quello che si visita, o magari dare un occhiata all’Italia da fuori, per scoprirne pregi e difetti.
Cosa scontata direte ma la moda dei viaggi preconfezionati, un “tutto incluso” all’insegna di un’esclusiva italianità, non permette in genere grandi raffronti, per cui c’è bisogno d’affidarsi al tanto bistrattato turismo fai da te, che malgrado le pubblicitarie detrazioni, permette sul serio di entrare nel reale spirito del viaggio e della nazione che si visita.
Chi vi scrive ha spesso l’opportunità di viaggiare all’estero per ragioni professionali ma allo stesso tempo, conoscendo taluni luoghi d’oltralpe, li predilige anche durante il periodo vacanziero. Quest’anno, visitando la Spagna in auto, abbiamo potuto costatare alcune caratteristiche salienti che contrastano sensibilmente con l’attuale panorama italiano.
In tempo di crisi è risaputo che la cosa più importante è quella di smuovere l’economia, far sì che la gente spenda, investa, insomma che faccia girare il denaro. Quale miglior maniera se non quella di spostarsi per la Penisola e scoprire le italiche bellezze?
Lo scontato proponimento è sulla bocca di ognuno di noi ma all’atto pratico c’è ormai chi preferisce, come il sottoscritto, e non solo per ragioni culturali, di andare all’estero, dove spesso a conti fatti conviene pure.
Ma tornando alla penisola iberica, la prima cosa che colpisce chi vi viaggia in auto è che le autostrade in quel paese sono suddivise in due categorie ovvero in autopistas e autovías, dove le prime sono a pedaggio e le seconde, la maggioranza, sono gratuite. Non pensiate minimamente che le gratuite autovías siano paragonabili alle nostre superstrade, perché il raffronto della rete viaria spagnola non ha nulla a che vedere con quella italiana, neanche se scendiamo a livello delle vie nazionali, a nord come a sud della terra del sole.
Cosa c’entra tutto ciò col discorso precedentemente fatto? C’entra e come, perché proprio nella logica dello spostamento e quindi della necessaria messa in moto dell’economia in crisi, il pedaggio delle autostrade incomincia ad essere uno dei primi grandi ostacoli alla libera e produttiva circolazione nel nostro paese, dove, come al solito chi ci guadagna è chi ottiene in concessione dallo stato la nostra rete viaria ottenendo notevoli utili a scapito dei soliti fessi che altro non possono fare che pagare.
Sempre in tema di viaggio su strada e sempre confrontando Spagna e Italia, la botta finale arriva con i prezzi del carburante. Qui da noi i prezzi hanno raggiunto cifre esorbitanti; ad oggi, la media del costo di un litro di benzina ha raggiunto 1,866 euro, mentre ci si assesta a una media di 1,757 euro al litro per il gasolio. Si noti, che qui da noi, il margine della componente fiscale è quello che più incide sul totale del prezzo del carburante e pari 59,31%, lasciando al 33,48% il prezzo effettivo della materia prima, più un 7,21% di margine lordo ovvero l’aumento del prezzo dl carburante per i suoi vari passaggi fino alla pompa del benzinaio. Resta evidente che la componente fiscale composta di accise, imposta regionale e IVA resta la zavorra maggiore per un paese di per sé povero di materie prime e bisognoso di smuoversi dalla stagnazione. E la Spagna? In media 33 centesimi in meno (fonte Sole24ore)! Per la precisione la media porta a 1,478€ per la benzina e 1,388€ per il gasolio. Salvo isole felici e porti franche come Andorra e Gibilterra, dove benzina e diesel scendono soavemente verso 1,200€ al litro. Anche in Spagna come è risaputo le cose non vanno propriamente bene e i prezzi dei carburanti così come quelli delle poche strade a pedaggio presenti sul territorio stanno aumentando, ma a maggior ragione tutto ciò corrisponde per noi dello Stivale un’annosa zavorra che penalizza non poco un’economia basata anche sull’esportazione e ci pone fanalino di coda per questi prezzi, almeno nell’Unione Europea.
Infine mi direte - e va bene, ma non si può mica rinunciare alla vacanza, e una volta giunti ai desiati lidi, finalmente godremo del meritato riposo, lì, almeno per una quindicina di giorni, dimenticheremo prezzi, tasse e rincari. - E invece no! Perché in barba alle liberalizzazioni troveremo ancora chi, nel terzo millennio, pratica il feudalesimo degli stabilimenti balneari.
Ebbene sì, chiunque ne abbia frequentato uno avrà contrattato con loro e a peso d’oro il suo posto al sole; sempre con le stesse facce, quelle dei gestori. Col passare degli anni, avrà potuto apprezzarne il ricambio generazionale di padre in giglio o da nonno a nipote e così via. Ma non erano gli odiati notai ad attuare queste pratiche? I mal sopportati medici, quelli che hanno sempre figli che ne seguono nepotisticamente le orme? E invece no! Esistono anche loro, i signori-padroni dei lidi e aggiungiamo dei litorali d’Italia. Sì perché, benché tutte le nostre spiagge siano demaniali, cioè dello stato, quindi nostre, c’è l’abitudine tutta italica di darle in gestione ai privati e sulle nostre strette e affollate coste sfido chiunque a trovare un tratto di spiaggia libera degna di non essere chiamata immondezzaio o formicaio. In altre parole le concessioni sono un monopolio, perché ti obbligano ad usufruire dei loro servizi.
La situazione attuale è la seguente, mentre prima la questione temporale era fumosa e non ben definita, da un po’ di tempo a questa parte l’Europa c’impone un riordino della materia. Il governo Berlusconi, l’ultimo, da governo liberista (o sedicente tale) qual era aveva pensato di porre un limite a tutto ciò e diligentemente portava la concessione a una novantina d’anni, sancendo sulla carta il feudo di ogni concessionario. E gli altri? Quelli che non s’aggiudicavano il risicato pezzo di costa? E s’attaccavano al tram, pardonne al pattino! Erano liberisti mica santi!
Rientrati nuovamente in Europa col governo Monti si è cercato di dare una risposta definitiva alla disciplina delle concessioni demaniali marittime ed ecco che, col decreto, evitando ulteriori procedure d’infrazione della Commissione Europea, si è deciso di concedere, mettendolo a gara, l’usufrutto del pezzo di costa ma per soli quattro anni, adeguandosi finalmente al diritto europeo.
Apriti cielo! Le rappresentanze sindacali di categoria hanno minacciato una serrata degli ombrelloni, salvo metterla in pratica per poche ore e solo di venerdì, “un atto dimostrativo” si dirà.
Che si era un paese corporativista lo si sapeva già ma quando è troppo è troppo! Soprattutto quando si vuole liberalizzare le altrui attività e mantenere i propri privilegi.
Anche in questo caso il raffronto con la Spagna è d’obbligo, e dire che di chilometri di costa ce ne sono anche lì, tanto da potersi permettere un uso più italico delle stesse e invece, contrariamente a noi, là, la spiaggia è libera per definizione, ma non solo! Tutte quelle suppellettili, come spogliatoi, bagni, scese a mare, piattaforme per disabili, docce, docce per i piedi, pulizia della spiaggia, servizi di vigilanza, servizio di soccorso e non sappiamo quante altri servizi ancora, sono a carico dello stato. Solo l’affitto di ombrelloni e sdraio e la ristorazione è affidata ai privati, i famosi chiringuitos per intenderci, il tutto previa gara per l’assegnazione, senza clausole di rinnovo automatico né di prelazione o preferenza come i nostri feudali imprenditori invece vorrebbero.
Viaggiare fa bene oltre ad esser bello perché permette non solo di distrarsi dalla routine quotidiana ma anche di apprendere, nel contempo, cose nuove. Se poi si ha la possibilità di viaggiare all’estero ancora meglio! Si potranno in tal modo vedere le differenze tra il nostro paese e quello che si visita, o magari dare un occhiata all’Italia da fuori, per scoprirne pregi e difetti.
Cosa scontata direte ma la moda dei viaggi preconfezionati, un “tutto incluso” all’insegna di un’esclusiva italianità, non permette in genere grandi raffronti, per cui c’è bisogno d’affidarsi al tanto bistrattato turismo fai da te, che malgrado le pubblicitarie detrazioni, permette sul serio di entrare nel reale spirito del viaggio e della nazione che si visita.
Chi vi scrive ha spesso l’opportunità di viaggiare all’estero per ragioni professionali ma allo stesso tempo, conoscendo taluni luoghi d’oltralpe, li predilige anche durante il periodo vacanziero. Quest’anno, visitando la Spagna in auto, abbiamo potuto costatare alcune caratteristiche salienti che contrastano sensibilmente con l’attuale panorama italiano.
In tempo di crisi è risaputo che la cosa più importante è quella di smuovere l’economia, far sì che la gente spenda, investa, insomma che faccia girare il denaro. Quale miglior maniera se non quella di spostarsi per la Penisola e scoprire le italiche bellezze?
Lo scontato proponimento è sulla bocca di ognuno di noi ma all’atto pratico c’è ormai chi preferisce, come il sottoscritto, e non solo per ragioni culturali, di andare all’estero, dove spesso a conti fatti conviene pure.
Ma tornando alla penisola iberica, la prima cosa che colpisce chi vi viaggia in auto è che le autostrade in quel paese sono suddivise in due categorie ovvero in autopistas e autovías, dove le prime sono a pedaggio e le seconde, la maggioranza, sono gratuite. Non pensiate minimamente che le gratuite autovías siano paragonabili alle nostre superstrade, perché il raffronto della rete viaria spagnola non ha nulla a che vedere con quella italiana, neanche se scendiamo a livello delle vie nazionali, a nord come a sud della terra del sole.
Cosa c’entra tutto ciò col discorso precedentemente fatto? C’entra e come, perché proprio nella logica dello spostamento e quindi della necessaria messa in moto dell’economia in crisi, il pedaggio delle autostrade incomincia ad essere uno dei primi grandi ostacoli alla libera e produttiva circolazione nel nostro paese, dove, come al solito chi ci guadagna è chi ottiene in concessione dallo stato la nostra rete viaria ottenendo notevoli utili a scapito dei soliti fessi che altro non possono fare che pagare.
Sempre in tema di viaggio su strada e sempre confrontando Spagna e Italia, la botta finale arriva con i prezzi del carburante. Qui da noi i prezzi hanno raggiunto cifre esorbitanti; ad oggi, la media del costo di un litro di benzina ha raggiunto 1,866 euro, mentre ci si assesta a una media di 1,757 euro al litro per il gasolio. Si noti, che qui da noi, il margine della componente fiscale è quello che più incide sul totale del prezzo del carburante e pari 59,31%, lasciando al 33,48% il prezzo effettivo della materia prima, più un 7,21% di margine lordo ovvero l’aumento del prezzo dl carburante per i suoi vari passaggi fino alla pompa del benzinaio. Resta evidente che la componente fiscale composta di accise, imposta regionale e IVA resta la zavorra maggiore per un paese di per sé povero di materie prime e bisognoso di smuoversi dalla stagnazione. E la Spagna? In media 33 centesimi in meno (fonte Sole24ore)! Per la precisione la media porta a 1,478€ per la benzina e 1,388€ per il gasolio. Salvo isole felici e porti franche come Andorra e Gibilterra, dove benzina e diesel scendono soavemente verso 1,200€ al litro. Anche in Spagna come è risaputo le cose non vanno propriamente bene e i prezzi dei carburanti così come quelli delle poche strade a pedaggio presenti sul territorio stanno aumentando, ma a maggior ragione tutto ciò corrisponde per noi dello Stivale un’annosa zavorra che penalizza non poco un’economia basata anche sull’esportazione e ci pone fanalino di coda per questi prezzi, almeno nell’Unione Europea.
Infine mi direte - e va bene, ma non si può mica rinunciare alla vacanza, e una volta giunti ai desiati lidi, finalmente godremo del meritato riposo, lì, almeno per una quindicina di giorni, dimenticheremo prezzi, tasse e rincari. - E invece no! Perché in barba alle liberalizzazioni troveremo ancora chi, nel terzo millennio, pratica il feudalesimo degli stabilimenti balneari.
Ebbene sì, chiunque ne abbia frequentato uno avrà contrattato con loro e a peso d’oro il suo posto al sole; sempre con le stesse facce, quelle dei gestori. Col passare degli anni, avrà potuto apprezzarne il ricambio generazionale di padre in giglio o da nonno a nipote e così via. Ma non erano gli odiati notai ad attuare queste pratiche? I mal sopportati medici, quelli che hanno sempre figli che ne seguono nepotisticamente le orme? E invece no! Esistono anche loro, i signori-padroni dei lidi e aggiungiamo dei litorali d’Italia. Sì perché, benché tutte le nostre spiagge siano demaniali, cioè dello stato, quindi nostre, c’è l’abitudine tutta italica di darle in gestione ai privati e sulle nostre strette e affollate coste sfido chiunque a trovare un tratto di spiaggia libera degna di non essere chiamata immondezzaio o formicaio. In altre parole le concessioni sono un monopolio, perché ti obbligano ad usufruire dei loro servizi.
La situazione attuale è la seguente, mentre prima la questione temporale era fumosa e non ben definita, da un po’ di tempo a questa parte l’Europa c’impone un riordino della materia. Il governo Berlusconi, l’ultimo, da governo liberista (o sedicente tale) qual era aveva pensato di porre un limite a tutto ciò e diligentemente portava la concessione a una novantina d’anni, sancendo sulla carta il feudo di ogni concessionario. E gli altri? Quelli che non s’aggiudicavano il risicato pezzo di costa? E s’attaccavano al tram, pardonne al pattino! Erano liberisti mica santi!
Rientrati nuovamente in Europa col governo Monti si è cercato di dare una risposta definitiva alla disciplina delle concessioni demaniali marittime ed ecco che, col decreto, evitando ulteriori procedure d’infrazione della Commissione Europea, si è deciso di concedere, mettendolo a gara, l’usufrutto del pezzo di costa ma per soli quattro anni, adeguandosi finalmente al diritto europeo.
Apriti cielo! Le rappresentanze sindacali di categoria hanno minacciato una serrata degli ombrelloni, salvo metterla in pratica per poche ore e solo di venerdì, “un atto dimostrativo” si dirà.
Che si era un paese corporativista lo si sapeva già ma quando è troppo è troppo! Soprattutto quando si vuole liberalizzare le altrui attività e mantenere i propri privilegi.
Anche in questo caso il raffronto con la Spagna è d’obbligo, e dire che di chilometri di costa ce ne sono anche lì, tanto da potersi permettere un uso più italico delle stesse e invece, contrariamente a noi, là, la spiaggia è libera per definizione, ma non solo! Tutte quelle suppellettili, come spogliatoi, bagni, scese a mare, piattaforme per disabili, docce, docce per i piedi, pulizia della spiaggia, servizi di vigilanza, servizio di soccorso e non sappiamo quante altri servizi ancora, sono a carico dello stato. Solo l’affitto di ombrelloni e sdraio e la ristorazione è affidata ai privati, i famosi chiringuitos per intenderci, il tutto previa gara per l’assegnazione, senza clausole di rinnovo automatico né di prelazione o preferenza come i nostri feudali imprenditori invece vorrebbero.
(immagini: fonte internet)
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