Campa cavallo che l’erba cresce …
… e poi brucia lungo la carreggiata che porta al Vesuvio.
La strada che porta
al Vesuvio è una strada provinciale (la SP 114) fino al bivio di quota 800
m.slm. Poi da lì, fino all’ingresso del percorso turistico che porta al Cratere,
a “Quota 1000”, è stata affidata in
comodato d’uso al Comune di Ercolano, lo stesso che gestisce, attraverso
una società, gli stalli per il parcheggio delle auto, delle moto e dei bus.
Da una settimana a questa parte, pare che l’incendio che ha
interessato il versante sud-orientale del Vesuvio, si sia finalmente placato, anche
se qua e là spuntano ancora pennacchi di fumo, dovuti a quei tronchi carbonizzati
che lentamente si consumano e che possono essere ancora molto pericolosi. Da
poco siamo usciti fuori da un incendio
che poteva bissare quello del 2017, e che ha comunque mandato in fumo quasi
1000 ettari di bosco e macchia vesuviana, con un alto rischio di
desertificazione di una parte di territorio che ha visto passare, in un
relativamente breve intervallo di tempo, ben tre grossi incendi, quelli del
2016, del 2017 e quest’ultimo del 2025.
Eppure, grazie anche al fatto che il versante nord-occidentale
del Vulcano non è stato fortunatamente toccato da quest’incendio, la vita,
lungo la strada che porta al Vesuvio, è ricominciata come se nulla fosse accaduto, il traffico turistico è ripreso a
tutta forza, navette, NCC, bus granturismo, moto, camper, auto continuano a
salire lungo l’unico asse viario carrabile che conduce al Gran Cono del
Vesuvio. Il che sembrerebbe un bene, vista l’alta stagione turistica, è cosa
buona è giusta che l’economia si riprenda dopo una decina di giorni di sosta
forzata a causa dell’incendio, ma sembra che l’accaduto non sia servito di
monito per nessuno.
Infatti, nei due tratti di competenza della strada, che
parte all’incirca da Via Vesuvio ad Ercolano (localita “La Siesta”) e arriva
fino al piazzale di “Quota 1000”, nello stesso comune, i bordi della carreggiata sono invasi da vegetazione spontanea ed erba
secca infiammabile che, a nostro
modesto avviso, visto anche l’alto
flusso automobilistico giornaliero, potrebbero creare una situazione assai
pericolosa per la possibilità di innesco di incendio. Gli automezzi, con le
loro marmitte catalitiche surriscaldate, ma anche l’inciviltà di chi fuma e
lancia le cicche dai finestrini, moltiplicato
per le migliaia di visitatori al giorno, potrebbero facilmente innescare
incendi cagionevoli di nuove sciagure, proprio come accadde il 5 luglio 2017 in via Vesuvio quando
l’incendio scoppiò in una cunetta sporca e arsa dalla siccità, e non si arrestò
fin quando, esaurita la sua forza e il combustibile a disposizione, arrivò fin sui
Cògnoli del Monte Somma.
Sarebbe corretto e opportuno che, così come giustamente si
impone ai fondi privati, di pulire i propri terreni dall’erba secca per evitare
l’innesco e la propagazione degli incendi, misura attuata in molti comuni
vesuviani, anche gli enti che amministrano la strada del Vesuvio puliscano e
mettano in sicurezza l’importante via di comunicazione. Soprattutto quando
questa attraversa un Parco Nazionale e, in più punti, la riserva integrale del
Tirone Alto Vesuvio.
La questione delle competenze sembra essere complessa, perché
pare che non sia chiara la giurisdizione sulle fasce latistanti l'asfalto, ma
pare anche chiaro che i due enti interessati siano appunto la Città Metropolitana e il Comune di Ercolano che, pur avendo
quest’ultimo esternalizzato la gestione dei parcheggi, acquisisce comunque un
notevole introito per tale servizio, che ammonterebbe tra i seicento e i
settecentomila euro, se non di più, e che potrebbero essere utilizzati per una
pulizia degna di una parco nazionale e, soprattutto, per evitare disastri come
quello degli ultimi giorni e degli ultimi anni.