Ovvero, se vedi il bicchiere mezzo pieno è perché l’altra metà l’hai già bevuta tu!
Il relativismo culturale, l’autoassoluzione di massa e un
certo opportunismo italico preferiscono guardare lontano, nel tempo e nello
spazio, preferiscono speculare sui massimi sistemi ma disdegnano ciò che hanno
a portata di mano e talvolta anche di risoluzione.
E sì! Perché, come spesso ho scritto, abbassare lo sguardo
verso ciò che sta davanti a noi implica il riconoscere le nostre responsabilità,
dirette o indirette che siano. Guardare altrove, soprattutto al passato oppure
fuori dai confini regionali, e ancor meglio fuori da quelli nazionali, ci
permette di muoverci con maggiore agilità tra le acque stagnanti della nostra
ipocrisia.
Questo accade per le
questioni ambientali dove spesso si preferisce preoccuparsi della tigre siberiana o del rinoceronte del Borneo ma non della
discarica sotto casa. Questioni sacrosante, per carità, ma perché sporcarsi le
mani con la monnezza, perché complicarsi l’esistenza con le dinamiche di un
territorio complesso e quanto meno assai compromesso? Del resto, perché
stuzzicare il can che dorme quando risulta molto più remunerativo parlare di
ambiente in termini generali? Senza fare nomi e cognomi e fare al contempo
anche carriera politica?
La stessa cosa accade per la storia, sarà che il mondo contemporaneo rimane ancora un mistero
per molti, sarà che la storia nella scuola in tutti i suoi ordini e gradi, si
ferma alla prima guerra mondiale, ma sempre più persone preferiscono il passato
al presente, una fuga da un’attualità sempre più compromettente e che forse è
meglio evitare. Questa è ad esempio una delle caratteristiche del revanchismo neoborbonico, un’età
dell’oro tutta ad uso e consumo di chi vuole credere che le colpe del disastro
meridionale siano tutte da addurre a qualcun altro che malignamente sia sceso
dal nord del mondo per toglierci l’eden
borbonico. Meglio pensare agli sbiaditi fatti di oltre 160 anni fa che
speculare sulle nostre chiare colpe attuali, meglio puntare il dito sui Savoia
che parlare di centosessanta anni e più di connivenza con ciò che si critica e
soprattutto con mafia e mafiosità, questa sì che insita da sempre nella nostra cultura
e vicina, molto più vicina dei Borbone e del loro bidet.
Un po’ come quando si usa il grandangolo per fare una foto,
o ancor meglio, il drone, per ritrarre splendidi panorami, rigorosamente
“mozzafiato”, senza focalizzare, magari con una bella zoomata, il male che si
annida tra le bellezze della nostra terra. A che pro mostrare le discariche e le
altre criticità dei nostri territori? Noi siamo la grande bellezza, noi siamo
il paese che il mondo invidia e meglio quindi mostrare il bello che c’è in noi,
meglio vedere il bicchiere mezzo pieno che il contrario.
Che
poi, dopo i pensionati, ormai anche i giovani se ne vadano in altri paesi, non
solo per lavoro ma anche per condizioni di vita migliori, poco conta, noi
siamo simpatici e abbiamo il cibo migliore e le navi più belle del mondo e
quando qualcuno dirà il contrario voi vedrete sempre il dito e non la luna che
esso indica.
Immagine creata
con l’IA
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