Dedicato ai quei 14 milioni di italiani che sanno prendere posizione.
In un paese di tuttologi, dove tutti sentenziano su tutto,
ci si arresta invece davanti a 5
semplici quesiti. Semplici quanto necessari, per correggere le anomalie di
un paese che non sa che direzione prendere.
E invece no! Nell’unico momento di democrazia diretta,
l’italiano medio preferisce andare come al solito al mare.
Di certo, se tra quei quesiti ci fosse stato quello
dell’elezione diretta del primo ministro, allora sì che, in quel caso, si
sarebbe andati in massa a votare, e non solo per la spinta dei referenti
politici locali, ma per ferma convinzione.
Questo perché, in questo paese, su quel nuovo bar dello
sport che sono diventati i social, si
parla e si sentenzia fin quando le parole non comportano responsabilità dirette,
ma poi, al dunque, quando dalle parole si deve passare ai fatti, tutti si
tirano indietro, per la serie, armiamoci e partite! L’elezione diretta del
premier implicherebbe invece l’affidamento all’uomo/donna forte di turno, delle
proprie responsabilità, gli si delegherebbe ogni cosa pur di non prendere
posizione ma, soprattutto, pur di non prendersi nessuna responsabilità. Una
sorta di padre padrone che dovrebbe dirigere un paese di figli immaturi e
incapaci di muovere un passo senza che qualcuno non gli indichi la direzione,
il vero grande problema è che spesso, i presunti statisti, loro stessi non
amano prendere posizioni, e il cane si morde la coda, fin quando questa non è
completamente spolpata.
e quindi, in
paese di dipendenti, pare assurdo che almeno 4 di quei 5 quesiti referendari,
tesi ad equilibrare le sorti dei lavoratori, molti di questi non si siano
recati alle urne, ma purtroppo è così, il relativismo assoluto e la sfiducia
nello stato (del quale facciamo comunque parte anche noi) e un imborghesimento
della classe operaia, che tutto è meno che proletaria, li hanno tenuti lontani
dai seggi elettorali ma, benché comprensibile questa sfiducia, non è comunque
accettabile, né tanto meno giustificabile poiché si è volontariamente consegnato,
salvo specifiche faziosità, ancora una volta il paese in mano a quella stessa
politica che, almeno sulla carta, si contesterebbe come il male assoluto dell’Italia.
Se non nel rispetto di chi ci ha permesso di esercitare
questo sacrosanto diritto di voto, ovvero chi, spesso con sommo sacrificio, un’ottantina
di anni fa ci ha donato la libertà, la prossima volta andiamo a votare e magari
facciamolo anche per rispetto di quei 14 milioni di elettori che sono andati a
farlo e che, con il loro 30% potrebbero, orientativamente corrispondere a un partito di
maggioranza.
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