AFRAGOLA CRONACHE DALLA
TERRA DEI FUOCHI
La cronaca di un
viaggio allucinante nella terra di smaltimento dei rifiuti del
benessere. La triste constatazione del fatto che nessuno vuol vedere
e risolvere l'immane problema delle discariche illegali nel
napoletano.
Nella nostra attitudine a
voler toccar con mano le realtà che ci circondano abbiamo deciso
stavolta di fare una trasferta, ci siamo recati in quella che
notoriamente è conosciuta come la Terra dei fuochi. In verità, tale
triste toponimo ha un'estensione geografica alquanto variabile e non
credo ci siano perimetrazioni sufficienti a inquadrarlo ma è
indubbio che, il basso Casertano e l'hinterland napoletano, possano,
a pieno titolo, rientrare in questo sciagurato poligono della morte
dai confini tanto variabili quanto letali.
Abbiamo un appuntamento
fuori da Decathlon, un amico del posto, conosciuto durante Let's do
it Vesuvius, ci ha parlato della sua terra e delle sue problematiche
e vuole farcene partecipi. Partiamo con la sua auto e prendendo uno
dei tanti raccordi che si snodano da quelle parti, andiamo in
direzione di Afragola ma prima di lasciare Casoria non possiamo fare
a meno di notare la baraccopoli che s'è creata sotto i ponti e le
sopraelevate che conducono all'Ikea. Un contrasto indescrivibile, da
vedere per credere, i nostri luoghi del consumismo, quelli del nostro
usa e getta, quello che va a finire tutto lì, sotto i ponti, a
delimitare le capanne e le roulotte dei rom. Non capiamo come possa
essere definito degno uno stile di vita tra i rifiuti e in virtù di
questi, ma allo stesso tempo non possiamo fare a meno di considerare
il fatto che noi, i per così dire civili abitanti di questi luoghi,
ne siamo parte integrante, i mandanti dell'assassinio del nostro
territorio, in pratica una sorta di suicidio.
L'amico, giovane e
impegnato sul territorio, ferma l'auto su un cavalcavia e mi mostra
dall'alto il sito di stoccaggio del Cantariello, nel comune di
Casoria, una collinetta, dove fino a poco tempo fa fuoriuscivano le
esalazioni di biogas, quelle che tra amici definivano con l'ironico
nome di geyser per la forza sprigionata, ora sembra un innocuo
accumulo di terreno, delimitato da un anonimo muro; ma cosa c'è lì
sotto e per quanto tempo percolerà i suoi liquami nel terreno e
nella ricca falda acquifera locale? Non ci è dato saperlo e
rimandiamo a chi amministra quel territorio l'amletica domanda, così
come l'esplicita richiesta a non irridere la nostra intelligenza,
definendo siti di stoccaggio provvisorio ciò che provvisorio non è.
Da questo luogo ci
spostiamo, sorvolati da aerei di tutte le nazionalità, lungo la
periferia di Afragola, percorriamo via Arena colma di rifiuti d'ogni
tipo, costeggiamo la stazione dell'Alta Velocità mai terminata per
il fallimento della ditta assegnataria, anche qui tante montagnelle
di rifiuti, segni di roghi e lo sberleffo di un ininfluente cartello
che segnala la presenza di una fantomatica videosorveglianza, - ma
con quale coraggio?
Mentre doppiamo gente in
carrozzella che addestra cavalli per dubbi eventi sportivi, entriamo
in una rotonda nel bel mezzo del nulla, un luogo fuori dal tempo; se
si alza lo sguardo si ha sensazione di vuoto, non ci sono quegli
orrendi caseggiati costruiti chissà da chi e col permesso di chi ma
abbassandolo veniamo stupefatti dal tappeto di rifiuti che ci
accoglie. Talvolta non è facile capire quello che calpestiamo ma
indossiamo per sicurezza le mascherine, le FPP1 quelle che dovrebbero
proteggerci dalla maggior parte di particelle nocive e decidiamo di
addentrarci in un braccio della rotonda che sfuma rapidamente in una
via di campagna e che sembra essere l'enciclopedia del rifiuto. Due
sono le cose che però ci colpiscono, la prima è che molta di
quell'immondizia è riciclabile, parliamo principalmente di vetro e
plastica; ma la secondo cosa che ci incuriosisce è che tra tanto
materiale di risulta edilizio non v'è segno alcuno di eternit,
pensiamo stia sotto i cumuli di copertoni o frammisto a quelli di
mattonelle o di gesso per controsoffittature ma rimaniamo nel dubbio,
fin quando non sentiamo un vocio di bambini festanti, ci avviciniamo,
più che incuriositi, meravigliati, e scorgiamo un accampamento rom e
con loro l'eternit.
Buona parte del loro
spazio vitale, se così vogliamo definirlo, era delimitato da grossi
mucchi di tettoie in eternit, canne fumarie, resti di serbatoi e
tutto quel che si è potuto fare con quello stramaledettissimo
materiale; ma notiamo anche dei recipienti che traboccano di sostanze
che fanno schifo e paura allo stesso tempo e rifiuti d'ogni risma. E
i bambini lì, a giocare, con i loro genitori occupati nella loro
incessante attività rigenerativa del nostro ipocrita e
autoassolutorio scarto. Si accorgono di noi, ci salutano, rispondiamo
e rimaniamo su due sponde opposte, collegate tra loro solo da un
ponte d'amianto e ipocrisia.
La mia guida mi racconta
che un amico gli ha confessato che dovendo disfarsi di una canna
fumaria in eternit ha provato a farlo legalmente e vista
l'esorbitante cifra richiesta (in genere ci aggiriamo intorno ai
mille euro per metro lineare) ha deciso di chiamare un rom e con
poche centinaia d'euro hanno risolto il problema. Certo, l'hanno
risolto per modo di dire, l'hanno tolto dalla casa ma se lo
ritroveranno nel cibo, nell'acqua e nell'aria, ammesso che questi non
se lo ritrovino anche sulla coscienza per quel nomade e la sua
famiglia.
Andiamo via sconcertati,
in cerca dell'isola ecologica, sì Afragola ha anche un'isola
ecologica, a questo punto si sarebbe potuto pensare che tutta la
cittadina lo fosse stata, vista l'omogenea diffusione dei rifiuti,
messi ovunque ce ne fosse stato lo spazio per scaricarli. Abbiamo
difficoltà a trovarla, anche perché non troviamo segnalazioni
evidenti e chiediamo a un carabiniere in borghese, che gironzola in
bici nel giardino della caserma, protetta come non mai e circondata
anch'essa dall'immondizia e dallo scarico abusivo. Il militare ci
risponde con ghigno irriverente: - ma dovete scaricare o avete già
scaricato – gli rispondiamo: - e se lo avevamo fatto venivamo da
voi a dirvelo? - Evidentemente a lui sembrava normale farlo in
maniera tanto impudente, giusto davanti a una caserma della
Benemerita e come del resto era facile constatare. Ci soffermiamo a
scambiare qualche battuta e ci racconta di fermi effettuati e mai
convalidati dai giudici e dell'impotenza delle forze dell'ordine
davanti allo scempio ambientale. - Ma di che giornale siete? - ci
chiede - del Mediano.it - gli rispondo – ah! Ma qua ci vuole
Striscia la notizia! Voi che potete fare? - Mi dice rispondendomi con
lo stesso ghigno derisorio. - Noi facciamo il nostro come voi fate il
vostro poi ognuno risponde alla propria coscienza. - Ringraziamo,
salutiamo e proseguiamo il nostro viaggio allucinante mentre il
militare riprendeva il suo tranquillo tour ciclistico nel giardino
sotto casa.
Infine troviamo l'isola
ecologica, che altro non era che un deposito di automezzi addetti
alla nettezza urbana, i rifiuti, praticamente non c'erano, stavano
tutti attorno a quel luogo, nelle campagne, per strada, nei passi
carrabili, sotto i cavalcavia ma non lì. Andiamo via, giusto il
tempo per assistere in diretta a un rogo di rifiuti a duecento metri
dalla locale stazione dei Vigili del Fuoco, dal Tribunale e, manco a
dirlo, dai Carabinieri, filmiamo, fotografiamo e segnaliamo ai
pompieri, i quali, ci dicono che la prassi vorrebbe che si chiamasse
il 115 e non direttamente alla stazione e che per questa volta
avrebbero fatto un eccezione, segnalandola loro direttamente, loro,
che stavano 200 metri da quelle fiamme. Potere della stampa!
Sulla via del ritorno ci
assale un senso di mestizia, ci sentiamo un po' come quei turisti che
fanno un giro nelle favelas, nelle bidonville di quei
paesi tanto belli ma pieni di contrasti, là dove ci si meraviglia se
ti meravigli nel vedere tanto scempio. Ci siamo sentiti impotenti,
stranieri, quasi derisi da chi ci vedeva con le mascherine, sfottuti
da da chi ci vedeva fotografare la monnezza, il problema era
che altro non c'era da fotografare in quel luogo, potenzialmente
bellissimo, nient'altro che monnezza, immonda, onnipresente ma
per molti invisibile monnezza!
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