venerdì 9 maggio 2025

Cattolico ma non troppo

 

Sono ateo e lo sono da prima della maggiore età, ho sempre professato il mio modo di essere e talvolta ne ho dovuto pagare anche le conseguenze, soprattutto quando, fresco laureato, inviavo i miei curricula presso le scuole cattoliche, subendone l’ostracismo. La mia è stata una scelta libera, forse ribelle in gioventù, ma ora agonisticamente consapevole e priva di coercizione alcuna, perché la libertà è forse la mia vera religione e anche per questo difendo quella altrui come se fosse la mia.

Questa mia coerenza cozza però contro quella un po’ blanda della maggioranza dei miei connazionali, quelli che vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca e che vorrebbero sentirsi cattolici e al contempo fare un po’ come cazzo gli pare. Quelli che: tanto basta credere e poi si vedrà; tanto un’assoluzione non te la nega nessuno e così via. E quindi, anche potendo definirmi cristiano per filosofia, non appartenendo al cattolicesimo per mantenere salde le mie scelte e, anche se non privo di merito, ne resto fuori perché non ho il marchio di fabbrica. Sono del resto cresciuto all’interno dei principi cristiani dell’amore o, quanto meno, della tolleranza verso il prossimo e quindi la mia vita non differisce più di tanto da quella degli altri, se non per la coerenza di certe scelte e per questo se non andrò all’inferno mi risparmierò forse qualche annetto di purgatorio ma non mi spetterà nulla in terra, perché non professo la fede cattolica, apostolica e romana.

Negli ultimi tempi ha fatto scalpore la notizia di una maestra che è stata licenziata da una scuola cattolica perché questa sbarcava il lunario spogliandosi su “Only fans”. Lei, e chi per lei, gridano ancora allo scandalo poiché nella propria sfera privata ognuno potrebbe fare ciò che vuole ma nel momento in cui si viene a sapere quel che fai scatta l’epurazione. La maestra si difende dichiarando che il suo basso salario (sicuramente più scandaloso delle sue nudità) la obbligava a spogliarsi in rete per vivere (e anche qualcosa in più) e che di certo non faceva e non aveva mai fatto pornografia. Ma sta di fatto che lei lavorava in una scuola cattolica e per questo, alla dirigenza e soprattutto alle famiglie, il suo denudarsi non piaceva perché non era cosa buona e giusta.

Due quesiti però mi sovvengono a tal riguardo, il primo è quello di come siano potute arrivare alla morigerata utenza le immagini di quell’insegnante tal come mamma l’aveva fatta. Mi vien da pensare a quei papà di quei bambini, che nella loro intimità, usando la famosa chat, abbiano creato uno sconcertante senso di ambiguità che cozza non poco con il moralismo che si è mosso contro l’insegnate. Il secondo quesito che mi sono posto è il seguente, ma che pensava la signorina, di farla franca in un mondo così perbenista? In questo paese solo quello che non si fa non si sa, ed ecco pronte le rimostranze delle famiglie e le loro logiche conseguenze, del resto era un istituto privato e confessionale e, in un contesto dove, anche nella scuola di stato, è la curia a dettar legge, cosa si aspettava?

Già altrove ho specificato che mostrare e usare il proprio corpo, vendendolo al migliore offerente, non sempre è una questione di piacere e di libera espressione del proprio essere, ma un nudo e crudo bisogno materiale. Non posso quindi che chiedermi, considerato il fatto di non essere stato mai assunto in una scuola cattolica per le mie idee, perché lei dovrebbe rimanervi per le sue azioni? La coerenza, questa è quella che non paga nel nostro contesto, magari entrambi siamo ottimi docenti ma con i nostri atti, dimostriamo di non appartenere alla loro morale e quindi destinati a restare al di fuori del loro mondo, con tutti gli annessi e connessi.

Molti, tanti divorziati, vivono fuori della grazia della chiesa, molti cattolici si indignano per tutto ciò, additando le mancanze, a volte ben più gravi dello stesso clero, ma mi chiedo, questi uomini e queste donne che si sono sposati secondo il rito cattolico, sapevano che quello era un sacramento e, in quanto tale, indissolubile o quasi? Ecco l’incoerenza e talvolta l’opportunismo dell’italiano medio, accettare tutto ciò che conviene nell’essere cattolico ma fare distinguo sul resto che non conviene. Ora, lungi da me fare l’apologia della Chiesa che, da almeno duemila anni a questa parte, difende bene i suoi dogmi, ma varrebbe la pena chiedersi cosa significa essere credenti e cattolici oggi, da una parte come dall’altra.

A che pro lamentare la scarsità di sacerdoti e le chiese sempre più vuote e paventare poi le moschee piene? Oramai la religione non è più il collante della società occidentale, i valori sono altri, e il relativismo impera. Temiamo le altre religioni, in primis l’Islam, difendiamo un Natale cristiano da presunte influenze levantine ma poi dal dopoguerra ad oggi abbiamo svenduto credo e tradizioni al consumismo e a un paganesimo hollywoodiano. La chiesa, non senza un certo fascino, continua ad essere ancorata ad un passato arcaico e mantiene la sua influenza sul mondo cattolico o sedicente tale. Il clero gestisce ancora quelle paure ataviche dell’uomo ma ancor più lo fa con la sua influenza politica più che con la sua morale cristiana, e questo i comuni mortali lo sanno molto bene e lo dimenticano solo quando sono vittime delle loro stesse azioni, magari dichiarandosi antiteticamente cattolici non praticanti.

Lo stesso Papa Francesco stentava a gestire questo mondo anacronistico con due parti in causa che andavano l’una nella direzione opposta dell’altra ma con la volontà di essere una cosa sola; questo sì che pare essere un dogma, più incredibile della stessa verginità di Maria.

Nessun commento:

Posta un commento