domenica 6 gennaio 2013

orphans ... of our Land!

http://www.lospeaker.it/litalocentrismo-e-lillusione-di-essere-unici/

L'ITALOCENTRISMO E L'ILLUSIONE DI ESSERE UNICI 
L'Italia è la terra dell'arte! L'Italia ha il 75% delle opere d'arte del mondo! L'Italia ha il 50% dei siti dell'UNESCO! Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni, con l'enfasi di uno sciovinismo che non ammette repliche. E certo è, che ribattervi, è molto difficile, soprattutto se non si è al cospetto di persone disposte a discuterne, dalla mente aperta e da una minima cognizione di causa. Visto infatti che, al di là di queste affermazioni, supportate spesso da dati inesistenti, parziali, se non addirittura falsi, emerge un dato di fatto altrettanto eclatante e di sicura verifica. L'Italia è un vero e proprio museo all'aria aperta, un museo diffuso, come qualcuno lo ha definito e su questo si può facilmente essere d'accordo ma il problema fondamentale è che questo museo è privo di custodi!

Quando ci si trova all'estero, e mi si scusi il consueto confronto con l'altrui civiltà ma il viaggiare serve anche a questo; all'estero, dicevo, quando gli spuntano sotto al sedere delle rovine o per le loro vicissitudini storiche si trovano sotto mano un'opera d'arte, cosa fanno? Ci fanno un museo! Danno lavoro alle persone del luogo innescando un circolo virtuoso, culturale ed economico, tale da far ritenere l'opera d'arte, la vestigia, il monumento come un bene prezioso, come un investimento per le attuali e per le future generazioni. Perché diciamo questo? Non certo per sottolineare l'attuale stato dei nostri musei e delle nostre aree archeologiche, che è tristemente cosa nota e sotto gli occhi di tutti ma per l'ipocrita trattamento che quotidianamente subisce l'immenso patrimonio culturale che persiste sotto i cieli d'Italia. Sarà perché, per noi, questi sono beni inflazionati ma se il museo Italia non ha custodi è anche vero che non ha visitatori, dove gli unici a rendere omaggio al nostro splendore sono solo gli stranieri, più informati di noi ma sempre più pochi e sempre più maltrattati. 

 

Quando si trova, durante uno scavo privato, un affioramento di una qualche antichità, per l'impresario edile e per il privato che a lui s'affida, risulta essere peggio che ricevere una visita della camorra! E sì! Perché quella è già messa nel computo, preventivata nelle spese, nel dare e avere della contabilità di questa terra, che nell'ottica discriminatoria dell'italiano medio, farebbe schifo al sudamerica e offenderebbe la peggiore economia subsahariana, tanto è miope e masochista. Quando ci s'imbatte in un qualche muro romano o qualche tomba greca, cosa si fa? S'arrabatta tutto il possibile e si sotterra il resto o addirittura lo si distrugge, per evitare grane con le autorità. Questa è una storia antica quanto il nostro paese, ma oggi, si può ancora accettare tutto questo? È giusto perseverare nella monocultura dell'edilizia e declamare, contemporaneamente, la grandezza dell'arte italica.


Molte delle economie del passato quelle che Wallerstein definirebbe economie delle periferie del mondo capitalistico, peccavano, tra le tante cose, anche nell'insistere in forme uniche di economia, il latifondo ad esempio, dove non v'era una logica dell'investimento, non esisteva una differenziazione della domanda e dell'offerta, un'economia che tratteneva inesorabilmente quei mondi in un limbo periferico e che tutt'oggi persistono in quella situazione, così come accade in molti paesi mediterranei o parti di essi, come ad esempio e non a caso il nostro meridione. Dove oggi si insiste ancora nella monocultura del mattone e del cemento, s'insiste nella cementificazione legale, illegale e selvaggia del territorio, una terra di per sé non vasta ma già satura di edifici dalla dubbia estetica, staticità e ubicazione.



Certo qualcuno potrà obiettare che c'erano e ci sono dei vincoli, ma vincoli irrisori, vincoli per quei pochi chisciotteschi martiri dell'onestà e che poco hanno arginato il dilagare del malcostume edilizio. Va inoltre valutato il fatto che agire nell'illegalità fa cadere tutta una serie di regole, che non solo avrebbero dovuto salvaguardare il nostro paesaggio ma anche la nostra salute e la nostra incolumità in caso di neanche tanto straordinari eventi naturali. Ma campa cavallo ... e povero chi si trova sotto!  





Si è parlato dunque del famigerato 75% delle opere d'arte del mondo presenti nel Belpaese, ignari però dell'inesistenza di una catalogazione completa dei nostri beni e quindi della impossibilità di verificare questo dato, per cui falso a prescindere, perché basato su un luogo comune e non su un dato di fatto. In fin dei conti, annebbiati da un tracotante orgoglio pseudo-nazionale, si è spesso dimenticata l'esistenza di culture preesistenti a quelle italiche e tutte quelle zone del mondo popolate ininterrottamente da migliaia di anni e con millenni di arte e cultura da non sottovalutare assolutamente, a meno che non si voglia considerare la nostra come l'arte per eccellenza ma a questo punto lasciamo il campo artistico ed entriamo giocoforza in quello ben più retrivo e pericoloso della discriminazione culturale.


Lo stesso vale per i siti UNESCO patrimonio dell'umanità, l'Italia, è vero, è quella che ne ha di più, 47 siti, contro i 44 della Spagna e i 43 della Cina ma questi, all'ultimo aggiornamento del 2011, sono 963 e l'Italia ne possiede solo il 5% e non il 50% come qualcuno dall'alto delle sue zeppe amava sostenere. Ma in tutta questa discussione, la cosa che più colpisce è il profondo divario che persiste tra l'esaltazione di un concetto, quello comunque falso della supremazia italiana nell'arte, e la sua tutela, che, fatte le dovute e oggettive proporzioni è pressoché nulla. Sarebbe quindi più opportuno conoscere la realtà del nostro patrimonio per amarlo e poterlo difendere senza schierarsi dietro ipocriti e sterili proclami.








Le foto ritraggono gli ambienti e il contesto dello "Orfanotrofio" antico edificio cinquecentesco più volte rmaneggiato ed oggi in evidente stato di abbandono.

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