L'ITALOCENTRISMO E L'ILLUSIONE DI ESSERE UNICI
L'Italia è la terra dell'arte! L'Italia ha il 75% delle opere d'arte del mondo! L'Italia ha il 50% dei siti dell'UNESCO! Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni, con l'enfasi di uno sciovinismo che non ammette repliche. E certo è, che ribattervi, è molto difficile, soprattutto se non si è al cospetto di persone disposte a discuterne, dalla mente aperta e da una minima cognizione di causa. Visto infatti che, al di là di queste affermazioni, supportate spesso da dati inesistenti, parziali, se non addirittura falsi, emerge un dato di fatto altrettanto eclatante e di sicura verifica. L'Italia è un vero e proprio museo all'aria aperta, un museo diffuso, come qualcuno lo ha definito e su questo si può facilmente essere d'accordo ma il problema fondamentale è che questo museo è privo di custodi!
Quando ci si trova all'estero, e mi si scusi il consueto confronto con l'altrui civiltà ma il viaggiare serve anche a questo; all'estero, dicevo, quando gli spuntano sotto al sedere delle rovine o per le loro vicissitudini storiche si trovano sotto mano un'opera d'arte, cosa fanno? Ci fanno un museo! Danno lavoro alle persone del luogo innescando un circolo virtuoso, culturale ed economico, tale da far ritenere l'opera d'arte, la vestigia, il monumento come un bene prezioso, come un investimento per le attuali e per le future generazioni.
Perché diciamo questo? Non certo per sottolineare l'attuale stato dei nostri musei e delle nostre aree archeologiche, che è tristemente cosa nota e sotto gli occhi di tutti ma per l'ipocrita trattamento che quotidianamente subisce l'immenso patrimonio culturale che persiste sotto i cieli d'Italia. Sarà perché, per noi, questi sono beni inflazionati ma se il museo Italia non ha custodi è anche vero che non ha visitatori, dove gli unici a rendere omaggio al nostro splendore sono solo gli stranieri, più informati di noi ma sempre più pochi e sempre più maltrattati.
Quando si trova, durante uno scavo privato, un affioramento di una qualche antichità, per l'impresario edile e per il privato che a lui s'affida, risulta essere peggio che ricevere una visita della camorra! E sì! Perché quella è già messa nel computo, preventivata nelle spese, nel dare e avere della contabilità di questa terra, che nell'ottica discriminatoria dell'italiano medio, farebbe schifo al sudamerica e offenderebbe la peggiore economia subsahariana, tanto è miope e masochista. Quando ci s'imbatte in un qualche muro romano o qualche tomba greca, cosa si fa? S'arrabatta tutto il possibile e si sotterra il resto o addirittura lo si distrugge, per evitare grane con le autorità. Questa è una storia antica quanto il nostro paese, ma oggi, si può ancora accettare tutto questo? È giusto perseverare nella monocultura dell'edilizia e declamare, contemporaneamente, la grandezza dell'arte italica.
Molte delle economie del
passato quelle che Wallerstein definirebbe economie delle periferie
del mondo capitalistico, peccavano, tra le tante cose, anche
nell'insistere in forme uniche di economia, il latifondo ad esempio,
dove non v'era una logica dell'investimento, non esisteva una
differenziazione della domanda e dell'offerta, un'economia che
tratteneva inesorabilmente quei mondi in un limbo periferico e che
tutt'oggi persistono in quella situazione, così come accade in molti
paesi mediterranei o parti di essi, come ad esempio e non a caso il
nostro meridione. Dove oggi si insiste ancora nella monocultura del
mattone e del cemento, s'insiste nella cementificazione legale,
illegale e selvaggia del territorio, una terra di per sé non vasta
ma già satura di edifici dalla dubbia estetica, staticità e
ubicazione.
Certo qualcuno potrà
obiettare che c'erano e ci sono dei vincoli, ma vincoli irrisori,
vincoli per quei pochi chisciotteschi martiri dell'onestà e che poco
hanno arginato il dilagare del malcostume edilizio. Va inoltre
valutato il fatto che agire nell'illegalità fa cadere tutta una
serie di regole, che non solo avrebbero dovuto salvaguardare il
nostro paesaggio ma anche la nostra salute e la nostra incolumità in
caso di neanche tanto straordinari eventi naturali. Ma campa cavallo
... e povero chi si trova sotto!
Si è parlato dunque del
famigerato 75% delle opere d'arte del mondo presenti nel Belpaese,
ignari però dell'inesistenza di una catalogazione completa dei
nostri beni e quindi della impossibilità di verificare questo dato,
per cui falso a prescindere, perché basato su un luogo comune e non
su un dato di fatto. In fin dei conti, annebbiati da un tracotante
orgoglio pseudo-nazionale, si è spesso dimenticata l'esistenza di
culture preesistenti a quelle italiche e tutte quelle zone del mondo
popolate ininterrottamente da migliaia di anni e con millenni di arte
e cultura da non sottovalutare assolutamente, a meno che non si
voglia considerare la nostra come l'arte per eccellenza ma a questo
punto lasciamo il campo artistico ed entriamo giocoforza in quello
ben più retrivo e pericoloso della discriminazione culturale.
Lo stesso vale per i siti
UNESCO patrimonio dell'umanità, l'Italia, è vero, è quella che ne
ha di più, 47 siti, contro i 44 della Spagna e i 43 della Cina ma
questi, all'ultimo aggiornamento del 2011, sono 963 e l'Italia ne
possiede solo il 5% e non il 50% come qualcuno dall'alto delle sue
zeppe amava sostenere. Ma in tutta questa
discussione, la cosa che più colpisce è il profondo divario che
persiste tra l'esaltazione di un concetto, quello comunque falso
della supremazia italiana nell'arte, e la sua tutela, che, fatte le
dovute e oggettive proporzioni è pressoché nulla. Sarebbe quindi
più opportuno conoscere la realtà del nostro patrimonio per amarlo
e poterlo difendere senza schierarsi dietro ipocriti e sterili
proclami.
Le foto ritraggono gli ambienti e il contesto dello "Orfanotrofio" antico edificio cinquecentesco più volte rmaneggiato ed oggi in evidente stato di abbandono.
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