Sono ateo e lo sono da prima della maggiore età, ho sempre
professato il mio modo di essere e talvolta ne ho dovuto pagare anche le
conseguenze, soprattutto quando, fresco laureato, inviavo i miei curricula
presso le scuole cattoliche, subendone l’ostracismo. La mia è stata una scelta
libera, forse ribelle in gioventù, ma ora agonisticamente consapevole e priva
di coercizione alcuna, perché la libertà è forse la mia vera religione e anche
per questo difendo quella altrui come se fosse la mia.
Questa mia coerenza cozza però contro quella un po’ blanda
della maggioranza dei miei connazionali, quelli che vorrebbero la botte piena e
la moglie ubriaca e che vorrebbero sentirsi cattolici e al contempo fare un po’
come cazzo gli pare. Quelli che: tanto basta credere e poi si vedrà; tanto
un’assoluzione non te la nega nessuno e così via. E quindi, anche potendo
definirmi cristiano per filosofia, non appartenendo al cattolicesimo per
mantenere salde le mie scelte e, anche se non privo di merito, ne resto fuori perché
non ho il marchio di fabbrica. Sono del resto cresciuto all’interno dei
principi cristiani dell’amore o, quanto meno, della tolleranza verso il
prossimo e quindi la mia vita non differisce più di tanto da quella degli altri,
se non per la coerenza di certe scelte e per questo se non andrò all’inferno mi
risparmierò forse qualche annetto di purgatorio ma non mi spetterà nulla in
terra, perché non professo la fede cattolica, apostolica e romana.
Negli ultimi tempi ha fatto scalpore la notizia di una
maestra che è stata licenziata da una scuola cattolica perché questa sbarcava
il lunario spogliandosi su “Only fans”. Lei, e chi per lei, gridano ancora allo
scandalo poiché nella propria sfera privata ognuno potrebbe fare ciò che vuole
ma nel momento in cui si viene a sapere quel che fai scatta l’epurazione. La
maestra si difende dichiarando che il suo basso salario (sicuramente più
scandaloso delle sue nudità) la obbligava a spogliarsi in rete per vivere (e
anche qualcosa in più) e che di certo non faceva e non aveva mai fatto
pornografia. Ma sta di fatto che lei lavorava in una scuola cattolica e per
questo, alla dirigenza e soprattutto alle famiglie, il suo denudarsi non
piaceva perché non era cosa buona e giusta.
Due quesiti però mi sovvengono a tal riguardo, il primo è
quello di come siano potute arrivare alla morigerata utenza le immagini di
quell’insegnante tal come mamma l’aveva fatta. Mi vien da pensare a quei papà
di quei bambini, che nella loro intimità, usando la famosa chat, abbiano creato
uno sconcertante senso di ambiguità che cozza non poco con il moralismo che si
è mosso contro l’insegnate. Il secondo quesito che mi sono posto è il seguente,
ma che pensava la signorina, di farla franca in un mondo così perbenista? In
questo paese solo quello che non si fa non si sa, ed ecco pronte le rimostranze
delle famiglie e le loro logiche conseguenze, del resto era un istituto privato
e confessionale e, in un contesto dove, anche nella scuola di stato, è la curia
a dettar legge, cosa si aspettava?
Già altrove ho specificato che mostrare e usare il proprio
corpo, vendendolo al migliore offerente, non sempre è una questione di piacere e
di libera espressione del proprio essere, ma un nudo e crudo bisogno materiale.
Non posso quindi che chiedermi, considerato il fatto di non essere stato mai
assunto in una scuola cattolica per le mie idee, perché lei dovrebbe rimanervi
per le sue azioni? La coerenza, questa è quella che non paga nel nostro
contesto, magari entrambi siamo ottimi docenti ma con i nostri atti,
dimostriamo di non appartenere alla loro morale e quindi destinati a restare al
di fuori del loro mondo, con tutti gli annessi e connessi.
Molti, tanti divorziati, vivono fuori della grazia della
chiesa, molti cattolici si indignano per tutto ciò, additando le mancanze, a
volte ben più gravi dello stesso clero, ma mi chiedo, questi uomini e queste
donne che si sono sposati secondo il rito cattolico, sapevano che quello era un
sacramento e, in quanto tale, indissolubile o quasi? Ecco l’incoerenza e
talvolta l’opportunismo dell’italiano medio, accettare tutto ciò che conviene nell’essere
cattolico ma fare distinguo sul resto che non conviene. Ora, lungi da me fare l’apologia
della Chiesa che, da almeno duemila anni a questa parte, difende bene i suoi
dogmi, ma varrebbe la pena chiedersi cosa significa essere credenti e cattolici
oggi, da una parte come dall’altra.
A che pro lamentare la scarsità di sacerdoti e le chiese
sempre più vuote e paventare poi le moschee piene? Oramai la religione non è
più il collante della società occidentale, i valori sono altri, e il
relativismo impera. Temiamo le altre religioni, in primis l’Islam, difendiamo
un Natale cristiano da presunte influenze levantine ma poi dal dopoguerra ad
oggi abbiamo svenduto credo e tradizioni al consumismo e a un paganesimo
hollywoodiano. La chiesa, non senza un certo fascino, continua ad essere
ancorata ad un passato arcaico e mantiene la sua influenza sul mondo cattolico
o sedicente tale. Il clero gestisce ancora quelle paure ataviche dell’uomo ma
ancor più lo fa con la sua influenza politica più che con la sua morale
cristiana, e questo i comuni mortali lo sanno molto bene e lo dimenticano solo
quando sono vittime delle loro stesse azioni, magari dichiarandosi antiteticamente
cattolici non praticanti.
Lo stesso Papa Francesco stentava a gestire questo mondo
anacronistico con due parti in causa che andavano l’una nella direzione opposta
dell’altra ma con la volontà di essere una cosa sola; questo sì che pare essere
un dogma, più incredibile della stessa verginità di Maria.