martedì 28 ottobre 2025

“Lo stato dell’arte”

 


L’eclatante furto al Louvre, ha sollevato critiche e derisione da parte dell’opinione pubblica italiana, forse ancor più se il fatto fosse accaduto nel nostro paese e non oltralpe. Questione di pagliuzza e di trave?

Quando accade qualcosa di increscioso in Francia, si verifica uno strano fenomeno, molto diffuso qui tra noi, un fenomeno culturalmente e politicamente trasversale. Il paese transalpino viene di fatti esposto al  pubblico ludibrio, dallo sfottò dell’uomo della strada alla velata, ma non più di tanto, critica del politico. Il perché questo accada è forse attribuibile a quel malcelato provincialismo che ci contraddistingue, quello che vorrebbe i francesi spocchiosi nei nostri confronti e questo ancor più quando le affinità tra i due paesi sono ancora più forti e viscerali rispetto ad altri ed altrettanto stereotipati paesi europei, come ad esempio Germania e Spagna. La realtà, quella che fa invece più male, è quella di un paese con uno stato sociale e una coscienza civica molto più forti dei nostri e pertanto, la voglia di livellare il nostro status a quello francese, coglie al volo le loro disavventure, senza muoverci di un solo passo dalle nostre disgrazie.

Ebbene, prima di alzare il dito verso chi, nel più grande museo del mondo per superficie, si è effettivamente fatto sfilare sotto al naso opere d’arte di un certo valore storico e materiale, dovremmo prima tenerci ben stretto il nostro di patrimonio. In effetti, da quando l’arte è diventata un bene prezioso, per prestigio e per valore intrinseco, il Belpaese è stato oggetto del saccheggio sistematico delle sue ricchezze, rendendolo di fatto il paese dove avvengono più furti d’arte al mondo.

Non faccio ovviamente riferimento ai luoghi comuni sulle razzie napoleoniche, opere in parte restituite, o di una Gioconda contesa più per ignoranza che per diritto (appartiene alla Francia legittimamente, essendo stata venduta al re Francesco I nel 1517 dallo stesso Leonardo), e questo ammesso che all’epoca esistesse un concetto di stato italiano per accampare eventuali diritti, ma al fatto che, dai tombaroli ai furti commissionati dalle mafie, dai suoi attentati, dai vandali ai disastri naturali e al loro progressivo abbandono, le nostre ricchezze artistiche e museali sono da sempre state oggetto degli interessi illeciti di qualcuno e, se per questo esiste anche un nucleo specifico dei carabinieri ci sarà ovviamente anche una ragione concreta a supporto delle mie parole.

A monito per ciò che accade al dì qua del confine, elencherò qualche caso notevole di furto d’opere d’arte nel nostro paese che ha, come unica scusante, l’effettiva estensione, su tutto il territorio nazionale, di un patrimonio da difendere in quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il più esteso museo del mondo, ovvero l’Italia stessa.

Nel 1969 il dipinto "La Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi" di Caravaggio, realizzato agli inizi del Seicento, fu rubato dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Nonostante le ricerche, non è mai stato ritrovato né restituito. Non si conoscono gli autori del misfatto né tanto meno il destino del dipinto rubato, ma esistono molte ipotesi a riguardo. Una di queste è quella che la mafia lo abbia trafugato, usandolo come simbolo durante riunioni importanti o persino come merce di scambio nella trattativa tra Stato e mafia nel periodo dello stragismo. Altre teorie raccontano invece che il quadro sia stato danneggiato durante il furto e sia stato per questo distrutto, oppure che, nascosto in una casa di campagna, sia stato rovinato dai topi. Un giornalista affermò persino di essere stato vicino ad acquistarlo, ma l’affare saltò a causa del terremoto in Irpinia. Il furto, comunque, continua a suscitare grande interesse da decenni, alimentando libri, documentari e opere di narrativa.

Nel 1974, l'opera "Ecce Homo" di Antonello da Messina, conservata nel Museo Broletto di Novara, fu rubata insieme ad altre opere, in un furto avvenuto la notte tra il 23 e il 24 luglio, in un contesto senza una reale custodia e con un’assicurazione irrisoria per il valore dell’opera. L’opera non è stata più trovata.

Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 1975 avvenne un clamoroso furto al Palazzo Ducale di Urbino, dove furono rubati tre capolavori rinascimentali: la Muta di Raffaello, la Flagellazione e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. Il Ministero per i Beni Culturali, appena istituito, si trovò subito costretto a lanciare un appello ai ladri affinché trattassero con cura le opere. Un dettaglio sull’uso di panni di velluto per proteggere i quadri portò al primo indizio: una ragazza segnalò ai Carabinieri che il suo fidanzato falegname aveva acquistato inusualmente molto velluto. Le indagini, estese fino in Svizzera, permisero di recuperare i tre capolavori e restituirli all’Italia e al patrimonio culturale mondiale.

Nel 1990 un altro caso eclatante fu quando furono rapinati gli ori dei fuggiaschi, assieme ad altri reperti antichi, nei depositi degli scavi di Ercolano. Una rapina in grande stile, dove, nottetempo, i custodi vennero immobilizzati sotto la minaccia delle armi e dove il muro della stanza blindata fu sfondato a colpi di piccone per entrarvi e prelevare i preziosi reperti. In seguito i monili e le statue furono recuperati e i primi (170 reperti) furono esposti in maniera completa in una grande mostra all’Antiquarium di Ercolano nel 2018. Tornando alla rapina, in quell’occasione furono sollevate molte rimostranze per la mancata illuminazione dei luoghi e l’assenza di un sistema di allarme.

Nella notte tra il 19 e il 20 febbraio 2004 si verificò un importante furto alla Palazzina di caccia di Stupinigi, dove vennero rubati 35 mobili di grande valore, realizzati da celebri ebanisti. Il bottino, stimato in 20 milioni di euro, fu ritrovato in buone condizioni il 25 novembre 2005 in un campo a Villastellone. Nel giugno 2009, il Tribunale di Torino condannò in primo grado alcuni membri di una famiglia sinti di Villafranca Piemonte come responsabili del furto ma gli strascichi della vicenda giudiziaria si sono prolungati anche negli anni a seguire.

L’elenco delle vicissitudini del patrimonio artistico italiano è ancora lungo e lo chiudiamo qui con l’auspicio che si decida una volta per tutte a come difendere il nostro immenso tesoro, senza distrarci e senza bearci delle disgrazie altrui.

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