giovedì 30 gennaio 2025

Il cane che si morde la coda

 


Leggo e sento molte persone lamentarsi dell’attuale situazione del mio paese, reduce dal tragico evento legato all’uccisione di un ragazzo che tentava di sedare una lite proprio fuori la nostra casa comunale. Queste lamentele sono frutto, non solo degli ovvi timori della popolazione ma scaturiscono anche dall’indignazione per l’offuscamento dell’immagine del nostro paese, passato da ambita località residenziale a semiperiferia del male, il tutto a furor di social e amplificato da una stampa tendente più al sensazionalismo che all’approfondimento. Tali rimostranze della popolazione ripiombano, ovviamente, sull’attuale amministrazione.

Dal mio punto di vista, una differenza tra il prima e il dopo, io, non la vedo, non vedo oggi come ieri un cambiamento culturale nella classe politica di San Sebastiano al Vesuvio, ma neanche tra la sua popolazione; del resto, buona parte di chi ci governa faceva parte della precedente amministrazione e della precedente opposizione.

Ma, da attualmente ex cronista del territorio, ricordo invece crisi precedenti, molto simili a questa, sia in ambito di cronaca nera sia in ambito di sicurezza generale, si portino alla mente i ben tre omicidi negli ultimi venti anni in zona Capriccio e i tanti atti di violenza minorile accaduti nel corso degli anni. Ho visto lo stracciarsi le vesti delle amministrazioni, l'intervento della chiesa, l'improvviso e ipocrita afflusso si forze dell'ordine con una presenza più simbolica che reale e che è sfumata, così come oggi sfumerà prontamente come l'indignazione della popolazione.

Ricordo anche il modo irrisorio come venivano trattati i miei articoli relativi all’abbandono di alcune aree del paese adibite, ed ancora oggi adibite a rifugio per coppiette e il progressivo allontanamento dalla legalità di quei luoghi, con illeciti minimizzati, con reati sottaciuti e sfociati poi nell’irreparabile, così come è accaduto proprio in piazza Raffaele Capasso, davanti all’edificio comunale, quello che avrebbe dovuto essere il salotto buono del paese.

Oggi i social enfatizzano e amplificano i messaggi, ma sono messaggi effimeri come quelli che inviavano e leggevano in chiesa persone vicine al ragazzo ucciso, durante gli interventi commemorativi di queste ultime settimane, effimeri come tutto, parole al vento, per sentirsi parte, nel migliore dei casi, di un’emozione generale o funzionali, da una parte come dall'altra della politica locale, per imporre la propria ragione. Purtroppo i morti, gli unici che potrebbero con diritto dire qualcosa, non potranno farlo per dare un ordine, almeno morale a questa storia.

A San Sebastiano al Vesuvio ci sono ben quattro presidi delle forze dell'ordine: Vigili Urbani, Carabinieri, Carabinieri Forestali e Carabinieri forestali del CTA (Coordinamento Territoriale per L’Ambiente), ciò nonostante, in una riunione col prefetto, un assessore invocava anche l’intervento dell'esercito, come la panacea di tutti i mali. Sua eccellenza il prefetto di Napoli, dal canto suo, davanti al mio sottolineare l’abbondanza di forze dell’ordine sul territorio, ribadiva le loro differenti mansioni e questo come se un operatore di pubblica sicurezza, in presenza di reati, dovesse agire a compartimenti stagni e non agire là dove fosse realmente necessario, così come è d’abitudine fare durante le manifestazioni per mantenere l’ordine pubblico.

Pare evidente quindi che il problema non è la presenza dello stato sul territorio ma la sua reale azione su questo e il rischio più grave è che la questione si risolva più come un problema di percezione della sicurezza che della sua reale attuazione. Da noi, putroppo, lo stato interviene solo quando è troppo tardi, ovvero quando ci scappa il morto perché quando lo stato mette il naso tra le nostre cose, i nostri piccoli e grandi intrallazzi, ci da fastidio, lo stato lo vogliamo solo quando vogliamo noi, quando ci conviene, perché del resto l'illegalità è ovunque, ce ne nutriamo quotidianamente e non ci accorgiamo che spesso siamo noi stessi ad alimentarla, da quando voltiamo la faccia a quando pensiamo che non siano fatti nostri, a quando alimentiamo quelle piccole illegalità che quando sono lasciate andare diventano grandi ed irrimediabili guai e povero chi ci capita sotto.

Nessun commento:

Posta un commento