sabato 19 dicembre 2009
Prima o poi ...
Con l’inesorabilità della predestinazione il nostro paese s’avvia allo smantellamento dello stato sociale. Gradualmente, senza possibilità di appello e senza dar spazio al confronto, il governo sta progressivamente scardinando quella politica contrattuale costruita con anni di dure lotte sindacali, che avevano permesso ai lavoratori di accedere a quei diritti che per molti, ancor oggi, sembrano dati per scontati e forse per questo malauguratamente poco apprezzati.
Sarà per questa ragione che molti dipendenti del pubblico impiego non s’accorgono ancora di ciò che sta accadendo alle loro spalle, dietro il loro far “spallucce” ad una situazione che li spingerà, prima o poi, al rango di lacchè o di subalterni di fantozziana memoria, senza ovviamente il corollario di risate a contorno, perché a ridere del malcapitato personaggio non ci saranno loro ad esorcizzare le proprie paure, ma ne saranno parte integrante.
Il paventato decreto Brunetta (D.L. 150/2009) è purtroppo giunto al termine del suo scontato iter parlamentare (scontato come ogni esito di legge presentata dal governo a questo acritico e servile parlamento). Lo ha fatto preceduto da un’avanguardia di pennivendoli e scribacchini che hanno dato fiato e forza a una questione che altrimenti sarebbe stata accantonata tra i luoghi comuni o magari la si sarebbe liquidata con qualche epiteto dal rustico e dal ben più calzante significato.
Ciò nonostante alcuni istituti napoletani, tra cui il Liceo Statale Socio Psico Pedagogico “Artemisia Gentileschi”, stanno mettendo in pratica il progetto del ministro veneto concretizzando un clima di competizione e di sospetto tra gli insegnanti e gli altri operatori della scuola. Si stanno di fatti avviando le sospensioni per scarso rendimento dei docenti con contratto a tempo indeterminato, previste dalla normativa in questione.
Il decreto Brunetta è una spietata e razionale impalcatura fondata però sull’esile ma ben radicato concetto dello statale fannullone. Se è vero però che il luogo comune ha spesso una minima base di verità, questo concetto è anche frutto di un’atavica e malcelata invidia, custodita all’occorrenza da chiunque, non sapendo affrontare i propri fallimenti, voglia contrapporla contro l’altrui benessere o magari coprendo le sue remore, enfatizza quelle degli altri. Sappiamo purtroppo che questa è un’attività antica come il mondo mai però come oggi si era giunti a tanta subdola e raffinata tecnica mediatica, capace di cristallizzare come verità assoluta tanta idiozia, anche nelle menti dei diretti interessati.
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